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La notizia della liberazione della cooperante Rossella Urru, arriva come un tonico, in questa estate scandita dall’andamento dello spread, dai flop delle borse, dalle polemiche quotidiane tra le varie forze politiche che si rimpallano responsabilità, che tante volte è bipartisan, su quanto non funziona nel nostro Paese. La notizia della sua liberazione è una di quelle che fanno ben sperare, che inducono a riflettere che forse non tutto è perduto, perché rimette al centro della nostra attenzione, per qualche ora, per qualche giorno, un mondo, delle persone, e sono migliaia, che vivono prodigandosi per gli altri.
Suor Giuseppa (per tutti suor Bepa) è stata una suor a della Carità dell’Istituto “Maria Bambina”. Era nata a Sabbionara d’Avio il 06.12.1928 da una famiglia di contadini con quattro figli: tre femmine e un maschio. Entrò in convento nel 1950, lavorando prima in ospedale per 35 anni, per poi passare alla neonata Casa di Accoglienza Padre Angelo di Trento, centro di accoglienza per ragazze madri. Se ne è andata in silenzio, come in silenzio, senza tanto rumore, ha vissuto una vita piena, al servizio di tante persone; prima in ospedale e poi presso la casa d’accoglienza “Padre Angelo”. Siamo in tanti a ricordare oggi suor Giuseppa, per noi suor Bepa, nel giorno della sua morte, con animo grato per quanto ha vissuto. È stata una persona che ha saputo dare sapore all’esistenza; la sua e a quella di quanti ha incontrato.
Le ragioni per cedere allo sconforto, allo scoramento, son davvero tante e interessano vari ambiti della nostra esistenza: sociali, politiche, economiche, culturali, religiose ecc. Come non farsene travolgere? Io credo serva anzitutto ridirsi le ragioni nelle quali affonda la speranza, che risiedono in ultima istanza nella convinzione che la vita, la vita vera, è più grande di tutte le storture nelle quali, noi, concretamente la ingabbiamo, attraverso il nostro agire tante volte distorto. È una consapevolezza che avvertiamo dentro di noi, a prescindere dal fatto di essere o no credenti.
26 mag 2012

SACRI PALAZZI?

Quanto sta emergendo in questi giorni e che fa seguito al clamore suscitato dall’uscita del libro Sua Santità, del giornalista Gianluigi Nuzzi, non fa certo onore ai vertici ecclesiastici e interroga profondamente ogni credente. Lasciamo da parte per un momento le esternazioni di dolore del Papa e del suo entourage e chiediamoci piuttosto quale immagine di chiesa si rivela da tutta la faccenda.
“Non si può spegnere il fuoco col fuoco, asciugare l’acqua coll’acqua, combattere il male col male”, scriveva Tolstoj in una lettera all’amico Engelgardt. Ci sono sempre stati e ci sono ancora al presente, coloro che ritengono possibile il contrario. Tra questi anche coloro che hanno sparato, ferendolo alle gambe, nei giorni scorsi, Roberto Adinolfi. Siamo di fronte a una nuova insorgenza del fenomeno, purtroppo già conosciuto in passato nel nostro Paese, del terrorismo? Difficile dirsi. Certamente la disgregazione sociale del momento presente rappresenta un terreno fertile per una sua possibile rinascita.
Le ultime parole pronunciate da Spies, uno degli impiccati l'11 novembre del 1887 a Chicago (USA), tra operai, organizzatori sindacali e anarchici condannati per aver organizzato il 1º maggio dell'anno precedente lo sciopero e una manifestazione per le otto ore di lavoro, furono: “Salute, verrà il giorno in cui il nostro silenzio sarà più forte delle voci che oggi soffocate con la morte!” La festa del primo maggio (chissà quanti lo sanno!) è nata nel sangue; frutto di rivendicazioni di operai che lottarono per migliorare le proprie condizioni lavorative. Anche oggi, si tenta di soffocare la voce di quanti chiedono dignità e lavoro, non più attraverso la corda e l’impiccagione, ma attraverso strumenti più subdoli e forse più efficaci: l’indifferenza, la legge del profitto ad ogni costo, lo smantellamento dei diritti acquisiti, l’impero del denaro e della finanza al quale è richiesto l’omaggio da parte di ogni coscienza.
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