Ho seguito con crescente tristezza e anche rabbia, talvolta, quanto accaduto in questi giorni di elezione del Presidente della Repubblica. Probabilmente la soluzione trovata alla fine era l’unica praticabile, considerata la situazione di stallo che si era venuta a creare, ma, con tutto il rispetto per Giorgio Napolitano, io non riesco ad aggiungere il mio plauso a quello dei “grandi” elettori.
La formula che ha portato alla rielezione di Giorgio Napolitano mi sa tanto di vecchio; un ripiego dovuto alla mancanza di coraggio, a miopia politica e a guerra tra bande che hanno così voluto concedersi una tregua per poi tornare a spartirsi il potere come hanno sempre fatto fino ad ora, in barba alla richiesta pressante che viene dalla società per un reale cambiamento. Le responsabilità sono ampie e diffuse, ad iniziare dal Partito Democratico che ha mostrato tutta la sua inconsistenza, passando per M5S che ha saputo soltanto trincerarsi dentro le sue granitiche (?) certezze senza uno straccio di visone di bene comune. Il risultato certo che abbiamo conseguito è il ricompattamento delle forze più conservatrici che hanno tutto l’interesse a non cambiare; a mantenere le proprie rendite di posizione e magari varare riforme nel segno di uno stravolgimento della nostra Costituzione, con la proposta di sistemi più o meno presidenzialisti, nell’illusione che quelli rappresentino la soluzione ai problemi che attanagliano da troppo tempo la nostra democrazia. Io sono del parere che non abbiamo bisogno di un re, ma di un ritorno alle fonti che hanno generato la Repubblica Italiana nata dalla lotta antifascista e sancita da un patto, quello costituzionale, che ha rappresentato l’incontro virtuoso tra sensibilità diverse, unite però da un comune sentire rappresentato da quei valori fondanti iscritti nella nostra Costituzione che in questi ultimi vent’anni sono stati anche fin troppo traditi. Non ne usciremo dalla crisi attuale attraverso alchimie politiche e neanche attraverso proposte demagogiche e populiste, ma solo sapendo far rinascere dentro noi stessi la passione per l’impegno civile, la partecipazione, la rettitudine morale nell’agire quotidiano, la trasparenza, la solidarietà e la difesa della dignità di ogni persona a iniziare da quella di quanti ormai non contano più nemmeno per le statistiche. Tra pochi giorni celebreremo al ricorrenza del 25 aprile, pietra miliare della nostra storia. Sarebbe urgente e necessario he tutti imparassimo a riscoprire le ragioni per le quali in tanti sono morti, magari nel fiore dei loro anni, e iniziassimo a onorarli non più a parole ma con fatti concreti per far sì che non siano morti invano. Mi piace concludere queste poche righe con alcuni versi di p. Davide Maria Turoldo: Beato colui che resiste/Beati coloro che hanno fame e sete di opposizione…/ nessuno viva, un giorno solo, con il suo fuoco spento./Ognuno scelga, ogni giorno, la sua parte di combattimento./Ognuno renda la sua testimonianza:/che Cristo è vivo,/che il povero è vittorioso,/che ogni uomo è libero.