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02 mar 2012

RIFORME?

Non tutti i cambiamenti possono definirsi riforme, cioè modifiche volte a dare, come suggerisce il dizionario, nuovi e migliori assetti in ambito politico, sociale, economico. Bastasse solo il connotato di cambiamento, di novità, per definire riformatrice una qualunque variazione in qualsiasi campo della vita, allora i campioni in questo campo sarebbero i più spregiudicati.
Vent’anni fa esplodeva il fenomeno definito Mani Pulite e per un breve periodo si ebbe la sensazione di una svolta, se non di una rivoluzione nel nostro Paese. A tanti anni di distanza dobbiamo amaramente costatare che poco è cambiato. La corruzione dilaga ancora e come un male oscuro avvelena i rapporti tra cittadini e tra questi e le istituzioni, rendendole assai poco credibili agli occhi di questi ultimi, se è vero che il 95% degli italiani crede che le istituzioni nazionali siano corrotte.
Dovrebbe valere sempre per chiunque si trovi, per ufficio o per necessità, a dover in qualche modo fare da insegnate a qualcuno, la massima del filosofo spagnolo José Ortega y Gasset: se insegni, insegna anche a dubitare di ciò che insegni. Al contrario, di questi tempi, mi pare che troppi salgano in cattedra, avendo la presunzione di sapere la “verità”. A questo pare non sfuggano nemmeno i professori chiamati a governare in questo momento l’Italia.
La crisi in atto, i provvedimenti adottati dal Governo per contrastarla e le reazioni spesso rabbiose di settori diversi che si ritengono particolarmente colpiti dagli stessi, fotografano un’Italia improvvisamente fattasi meno ridanciana di un tempo (mica tanto tempo addietro!), quando sembrava che tutto filasse liscio e fossimo il paese di Bengodi, nel quale tutti potevano arricchirsi senza limite alcuno e nel quale le regole, se c’erano, erano fatte per non essere osservate (a pro dei fessi). Improvvisamente pare tutto precipitato e ciò che prima non si voleva vedere, adesso è sotto gli occhi di tutti.
14 gen 2012

QUEPAN TODOS

La ricordo ancora in maniera molto vivida, perché mi colpì profondamente, la risposta che diedero gli Zapatisti, i ribelli del Chiapas, ai giornalisti che chiedevano quale fosse il loro progetto per il Messico: una sociedad en la cual quepan todos. Che tradotto, significa: una società nella quale ci sia posto per tutti. Talvolta parole, concetti, apparentemente semplici, tanto da apparire perfino banali, hanno la capacità di evocare scenari futuri ancora in grado di muovere a speranza; suscitare desiderio e voglia di impegnarsi per un cambiamento possibile.
Oggi a Trento si sono svolti i funerali di frate Francesco, un cappuccino molto noto in città. Una figura di frate che sembrava uscita dai racconti dei Fioretti. Di quelle persone semplici e umili, che fanno il bene senza tanto rumore. Che sanno avere un sorriso e una parola buona per tutti. Ed anche una presa di tabacco da fiuto, se gliela chiedevi; forse l’unico piccolo vezzo che si permetteva. Di chi è come loro, è il regno dei cieli. È la frase evangelica che mi risuona nella mente, quella che più si addice per ricordarlo oggi. E con equale tenerezza e affetto, la applico alla piccola cinese ammazzata con inusitata violenza ieri a Roma.
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