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Piergiorgio

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Mille presenze… il tuo volto K2_UNPUBLISHED

Luce,

caldo accogliente,

come carezza

che toglie il gelo di dosso

la sera.

Presenze vive,

affettuose,

che danno sicurezza.

Volti vicini,

eppur lontani,

ma nel ricordo vivi.

È dono partecipato

e ridonato ancora,

perché la vita si rinnovi,

ora.

Il tuo volto, Signore:

mille presenze.

Mille presenze:

il tuo volto, Signore.

Ed io bambino,

io cresciuto,

io finalmente libero.

E tu, mio Volto,

tu, mia Pace,

tu, mio Determinante,

che mai, mi sarà tolto.

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Solitudine K2_UNPUBLISHED

Compagna fedele di giorni

passati,

sei tornata!

Nel silenzio

mi avvolge il tuo abbraccio…,

ora sei la signora

di casa.

Siedi accanto,

ma sei muta.

Il tuo volto è invecchiato;

eppure non è brutto,

come nei giorni passati,

quando,

tra la nebbia del pianto,

ti gridavo: non voglio!

Tu mi hai tolto gli affetti.

Li hai rubati per sempre?

Nel silenzio ripenso…;

piango un pianto sommesso.

All’Amore rivado,

a quello che ho sempre cercato:

desiderio

follia

ricerca  e tormento,

storia

speranza.

Ora mi guardi,

sorridi;

fai un cenno con gli occhi.

È  di Lui che sei ancella.

Lo capisco… qui dentro.

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Preghiera nuda K2_UNPUBLISHED

È vuota la casa

ove risuonano, ancora,

voci a me care.

È enorme

questo silenzio sospeso

come attesa senza respiro.

Ascolto

una risposta sperata,

ma è muto il telefono,

resta chiusa la porta

d’ingresso

Non voglio chiudere il cuore.

Veglierò nell’attesa

del giorno che viene

Tu, Signore,

dai speranza, se vuoi.

E donami sempre

e ancora di amare

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Marzo K2_UNPUBLISHED

La neve cedeva un po’ del suo manto

alla terra;

anche il ghiaccio,

ma solo qualche angolo spiccio

baciato dal sole:

quel tanto da farmi sognare.

 

Ascoltavo, rapito,

mormorio di ruscelli rabberciati,

che righiacciavano a sera,

tornando silenti,

ammutoliti dal freddo.

 

Sentinelle indolenti,

annunciavano, pigramente,

primavera.

 

E già correvo a perdifiato

sui prati.

 

I capelli arruffati dal vento,

negli occhi la luce del sole

tornatomi amico,

nel cuore la gioia

repressa già a lungo,

negli orecchi, gorgheggio d’uccelli

innamorati

 

La terra, ridestata alla vita,

ricominciava sanguigna;

veloce;

colorata;

impetuosa.

…E io tornavo, nuovamente, monello.

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Galupo K2_UNPUBLISHED

Il tuo incedere

solenne,

le penne al vento,

quelle della coda,

e dietro,

come ancelle,

le galline,

dicevano di te

più del tuo nome.

Eri temibile

per noi cuccioli

d’uomo

e facevamo a gara

nel distrarti,

scompaginando

ogni giorno

il tuo cammino,

giocando a sorte

quale strada

fare,

per non incrociarti

sul sentiero,

portandoti

il mangime

che t’era ghiotto

A volte ci riusciva

la scommessa;

tal altra eri tu

che ci puntavi,

ferendoci

nel corpo

con tenzone

Poi venne il dì

dell’ultimo contrasto;

finisti a terra,

il collo torto,

con le galline

a piangerti

per morto.

Or timorose

per la loro sorte

non più difese,

com’ era

da gran tempo,

da quell’azzardo

minaccioso

in firmamento.

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Rivo K2_UNPUBLISHED

Scorrevi,

lento e giocoso,

all’ombra degli ontani,

là, in mezzo al prato;

ed io,

sulle tue sponde a cavalcioni,

gigante mi sentivo,

e un poco mago.

Dell’acque tue mi dissetavo,

cogliendole con mani sporche,

insudiciate per il gioco.

E in questo modo,

l’amicizia nostra,

io cementavo.

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Malori K2_UNPUBLISHED

Ero come

un piccolo micio

che fatica a camminare

da solo;

che zampetta impacciato,

scivolando un po’ sghembo

Un piccolo, fragile,

gracile micio:

a cui mancava Qualcosa…

… per scorrazzare festoso,

alla scoperta del mondo.

Con poco mi schiantavo:

un rimprovero, una carezza

travisata;

un sussurro vigoroso.

E allora mi staccavo dal suolo…

planando sopra cieli di luce…

Nessuno mi poteva seguire;

neppure lo sgomento,

dipinto sul viso

dei miei genitori,

quando riprendevo colore.

Ma agli dei fui caro

per burla…

Forse volevano,

soltanto impaurire,

chi mi cresceva

con amore.

O forse,

ed è la cosa più vera,

il cibo spoglio di allora,

non bastava a nutrire

il fragile micio che ero.

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8 gennaio 1951 K2_UNPUBLISHED

Mi ha generato una terra

scarsa;

a tratti aspra,

rubata con fatica,

nel tempo,

alla montagna.

Era un giorno imbiancato;

un giorno di freddo,

con poco fuoco

a scaldarmi;

e mia madre.

Con mio padre salito

in montagna,

a far legna,

per avere di che attizzare

e donarci sollievo; tepore,

dentro quell’umile stanza,

che assieme alla cucina,

era il nostro castello.

I miei primi vagiti,

li attutì la neve,

che fuori,

lievitava come una pasta di pane…

Un pane grande,

che avvolgeva le case,

tutto attorno,

cantando per me,

ninna nanna.

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Ciorlaga (al mio paese natale) K2_UNPUBLISHED

Sdraiata

supina,

quasi monello

stanco

del gioco,

hai i piedi

infilati

nell’acqua

del lago.

Ti circonda gioioso,

con tenero

abbraccio,

il Monte

alle spalle.

Nelle case

palpita

con forza

il tuo

Cuore.

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Monica K2_UNPUBLISHED

Somiglia per aspetto e portamento,

e qualche suo corrugamento,

a Dama pre rinascimento.

Quando cantavan nelle corti antiche,

i cavalieri dell’amor cortese,

alle lor dame un po’ rincretinite,

nascoste dietro torri e banderese.

Somiglia anche,

per stare sul moderno,

alla professoressa di latino,

che interrogava con cipiglio aspro,

ma nascondendo un certo turbamento.

Sorride da dietro l’ampia scrivania,

mentre ti parla affabile e sicura,

e ,come il ragno fa con la sua preda,

ti mostra, “ad hominem”, che ha ragione lei:

che il sole scende per levante e non ponente,

a salvaguardia del suo di committente.

E poi ti chiede, con intenerimento,

che cosa sia quel tuo rivolgimento.

Per consolarti, e darti tregua, un sol momento,

si finge vinta, ma approfondisce ulteriormente l’argomento.

Per dare un nome ai turbamenti suoi,

cerca di leggere nei sentimenti altrui.

Immaginando qualche affanno,

dovuto al tempo o ad altri guai,

metafora per gli altri e anche per lei.

Sintonizzarsi con chi ci sta di fronte,

è cosa ardua, quasi una catarsi,

e in questo, lei, non è una principiante.

Io credo con certezza,

e me lo dice degli occhi suoi la compitezza,

tracciare con rigo rosso, sul diario,

la soluzione di un caso disperato,

gesto furtivo e fatto con destrezza,

sia per la Monica, la meglio contentezza.

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