Questo governo di tecnici sta mostrando il suo vero volto attraverso le misure che intende adottare in tema di riforma del lavoro. Dietro la rispettabilità di facciata dei suoi componenti, dietro la sbandierata necessità del risanamento del debito pubblico, dietro gli appelli altisonanti al senso di responsabilità di tutti e di ciascuno, si nasconde la faccia feroce di coloro che intendono ancora una volta pigiare il piede sull’acceleratore di una direzione di marcia di carattere liberista. Libera volpe in libero pollaio, per dirla in termini metaforici.
Il diritto del più forte a far valere la sua visione delle cose, la riduzione di diritti pensati e introdotti a difesa delle fasce più deboli della popolazione a moneta, merce di scambio. Uno stravolgimento dei principi ispiratori della nostra Costituzione. È il mercato, bellezza, al quale si deve sacrificare qualunque cosa. Un nuovo Moloch, che pretende le sue vittime, possibilmente silenti e consenzienti in nome di un presunto interesse superiore. Ma non era la dignità di ogni persona, la dignità del lavoro, la tutela dei più deboli l’essenza che sta (dovrebbe stare) alla base del nostro convivere? Povera Italia, se immagini che i diritti, anziché la forza del tuo tessuto sociale, debbano essere considerati delle catene dalle quali liberarti, immaginando così di diventare un Paese più attraente e civile. Ribellarsi a questa deriva diventa un dovere civile, se non vogliamo diventare i nuovi schiavi del terzo millennio, e porre le basi per una nuova rinascita, aprendo orizzonti di senso in grado di includere e non di emarginare, deprivare milioni di persone, rendendoli cose al pari delle merci con una data di scadenza impressa sulla pelle o discrezione di chi le commercia. La difesa dell’articolo 18, al di della sua formulazione testuale, non è un capriccio originato da una nostalgica visione del passato, ma la consapevolezza che la dignità dei lavoratori, di tutti i lavoratori, deve essere un bene primario che viene prima di qualunque altra esigenza. Ecco nelle parole di Gianni Marchetto (vedi in Eguaglianza e libertà, rivista di critica sociale), “un elenco sintetico dei casi in cui, caduta la protezione prevista dallo Statuto dei lavoratori, potrà succedere che il datore di lavoro decida che il dipendente non è più utile all'azienda. Eliminando l’art. 18 ecco cosa potrà accadere. Potrai venire licenziato se…
Sciopererai;
Sei donna e vuoi fare più di un figlio (ricordiamoci dei licenziamenti in bianco fatti firmare dalle giovani donne; almeno su questi pare che si porrà rimedio);
Ti ammali di una malattia invalidante (inidoneo o malato professionale) e hai ridotto le tue capacità lavorative;
Passi un periodo di vita difficile e non dai il massimo richiesto;
Hai acciacchi ad una certa età che riducono le tue prestazioni (cosa molto probabile con l’allungamento dell’età lavorativa voluta dal Governo Monti-Fornero);
Sei “antipatico” al proprietario o ad un capo che ti mettono a fare lavori meno qualificati e umilianti (Mobbing);
Chiedi il rispetto delle norme su salute e sicurezza (nei luoghi di lavoro dove non esiste l’art. 18 gli infortuni gravi e i casi mortali sono in genere molti di più);
Rivendichi la dignità di lavoratore, di uomo e donna o straniero che sia;
Sei politicamente scomodo (ricordiamoci dei licenziamenti e dei reparti confino degli anni ’50 e ’60);
Non ci stai con i superiori (specie se donna);
Contesti continuamente il ritmo di lavoro;
T’iscrivi ad un sindacato scomodo per l’azienda (su 1.000 lavoratori richiamati dalla FIAT di Pomigliano non uno è iscritto alla FIOM CGIL);
Appoggi una rivendicazione salariale o di miglioramento delle condizioni di lavoro;
Fai ombra al tuo superiore il quale se pensa che sei più bravo di lui e puoi prenderne il posto (a volte questi comandano più del proprietario);
Hai parenti stretti con gravi malattie e hai bisogno di lunghi permessi;
Non accetti sempre di fare gli straordinari;
Non sei più funzionale alle strategie aziendali;
Reagisci male ad un’offesa di un superiore;
Dimostri anche allusivamente una mancanza di stima verso il capo o il proprietario;
Sei mamma ed ha un bimbo che si ammala spesso;
L’Ente/Azienda per cui hai dato una vita di lavoro non ha più bisogno di te;
tutto ciò si chiama dignità..!”