Difficile fare previsioni e forse anche inutile per il futuro prossimo. La cosa certa è che è in atto una guerra feroce nel cuore dell’Europa e che al momento nessuno pare intenzionato a perseguire vie di dialogo per una soluzione che faccia tacere le armi e parlare finalmente le persone.
Si evocano fatti del passato stabilendo, non so quanto appropriatamente, paragoni con la vigilia della seconda guerra mondiale e parallelismi tra Hitler e Putin. Ma si sa in certe circostanze tutto fa brodo; purtroppo. Che Putin sia un autocrate o dittatore non c’è alcun dubbio, così come del fatto che come ogni dittatore si avvalga di tutto ciò che gli è a portata di mano e utile per perseguire i suoi scopi, però è anche vero che la storia non si ripete mai, neanche quando si rassomiglia. Viviamo in un'altra epoca e in un altro contesto. La guerra di certo sta provocando e provocherà sempre più morti, dolore, disperazione, distruzione e migliaia di profughi in cerca di accoglienza. Quanto più durerà e tanto più sarà feroce; da una parte e dall’altra. Se è vero che l’aggressore va sanzionato e possibilmente messo nella condizione di recedere dai propri intendimenti, è altrettanto vero che si devono lasciare aperti degli spazi di dialogo anche mentre infuria la battaglia. Se l’avversario è costretto nell’angolo, difficile dire quale potrebbe essere la sua mossa per divincolarsi. Quello che fa la differenza con guerre passate è che la Russia, e Putin nel caso specifico, possiede armi nucleari. Io non sarei tanto certo che se costretto dalle circostanze non ne userebbe. Ecco che allora bisogna avere l’intelligenza di saper dosare con saggezza ogni mossa volta a contrastarlo, operando perché si crei una frattura fra lui, la sua cerchia magica e il popolo russo che, tanto quanto noi e il popolo ucraino, è prigioniero delle sue smanie imperiali. Se il popolo russo avvertisse ciò che da questa parte del fronte viene fatto come pregiudiziale ostilità nei suoi confronti, finirebbe con il coalizzarsi più di quanto faccia oggi, per timore o per convinzione, con il suo leader e sarebbe davvero tragico per tutti. Chi pone la sua fiducia nella potenza delle armi non comprende una verità basilare; che cioè la gente comune, il popolo, in genere non ama la guerra. Il più delle volte, per non dire sempre, è costretto a combatterla per l’interesse di pochi. Se i popoli avessero coscienza limpida di questo, mai si presterebbero a fare la guerra. Credo che mai come oggi – se c’è una analogia direi che è quella con la crisi dei missili a Cuba – l’umanità si sia trovata sull’orlo del baratro, ecco perché è indispensabile, urgente, stabilire una tregua, una cessazione delle ostilità e trovare il coraggio di tornare a parlarsi, negoziare. L’assassinato leader israeliano Yitzhak Rabin ebbe a dire che la pace si negozia con i nemici. Se noi fossimo davvero consapevoli della reale situazione di pericolo che stiamo correndo nel caso, non del tutto improbabile, che il conflitto in atto in Ucraina possa espandersi, non esiteremmo a scendere in piazza come fatto in tante piazze in questi giorni, ma in modo non stop in tutta Europa, chiedendo e imponendo che si ponga fine alla guerra e si imbocchino strade diverse per la soluzione dei conflitti. Ma forse viviamo nell’illusione che a noi non debba toccare. Non serve una decisione dall’alto perché l’incendio divampi, basta una scintilla qualunque anche provocata incidentalmente o da qualche sconsiderato di chi sta già combattendo; una provocazione qualunque volta a far precipitare la situazione. No, non c’è da stare sereni; piuttosto operare attivamente perché non accada di peggio.