Quale altra definizione si può dare se non questa? I vari signori del no, che usano del potere acquisito, il più delle volte utilizzando il nome di dio, un dio piccolo abietto, meschino, fatto a loro misura, naturalmente non li definiscono con il termine usato.
Le loro azioni, invece sì. E al di qua, come di là dell’Oceano, sia pure con linguaggi diversi: qualcuno più paludato, qualche altro più aggressivo, spietato, appiccica alle persone il marchio d’inutile, rifiutato, non buono, non adatto. Tutto questo in base a una selezione che principia dalla loro mente, radicata nel loro cuore. Cosa importa a costoro di chi sono i Guadalupe Olivas? Che ne sanno della loro storia, dei loro sogni, delle loro fatiche, desideri, speranze di una vita migliore? Del loro diritto di vivere? Vorrei tanto che quel lancio nel vuoto, dal ponte alla frontiera tra gli Stati Uniti e Tijuana, rimbombasse ogni notte nelle stanze ovattate dei potenti che, con un tratto di penna, hanno decretato che Olivas non aveva il diritto a un’esistenza meno grama e bastasse dotarlo di una misera borsa di cibo per farlo stare zitto. Così come vorrei che quanti in Italia, dopo avere approvato in precedenza una legge che attende da anni di vedere la luce, e quanti non l’hanno mai voluta approvare, e che ora, per miseri calcoli elettorali sono pronti a dare battaglia per impedirne l’approvazione finale, non fossero in grado, per il tempo che serve, di guardare negli occhi i loro figli. Vorrei che arrossissero di vergogna ogni volta che aprono bocca, che gli si spegnessero in bocca le parole. Com’è possibile sostenere (infatti non hanno argomenti razionali, e neppure di buon senso) che non è pensabile riconoscere la cittadinanza italiana ai figli degli immigrati che sono nati in Italia, che frequentano le nostre scuole, parlano la stessa lingua che parliamo tutti noi (e magari anche meglio di quanti avversano la stessa legge), che si sentono italiani alla pari dei compagni con i quali condividono sogni e speranze? Anche loro sono risorsa di futuro, ma come i loro coetanei non sono creduti necessari a questo Paese che invecchia accartocciato su se stesso. Anche su questo versante la politica vola basso; non ha sguardo di aquila che scruta orizzonti di ampio respiro. Sa solo osservarsi l’ombelico. Ha il fiato bolso di chi pensa di arrestare il nuovo che avanza. Si attarda a erigere muri che servono solo a creare sofferenze evitabili, oltre che ingiuste, e che riguardano 800mila minori. «Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente» affermava Bertolt Brecht. Pare proprio che si adatti a certi nostri politici che amano le giravolte o che per conquistarsi una fetta di consenso elettorale non esitano a ingannare, sapendo di farlo.