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08 gen 2017
NATALE IN BOLIVIA
Scritto da Piergiorgio |
Letto 3464 volte | Pubblicato in Il mio blog
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Condivido volentieri, con i miei quattro lettori, questa lettera che mi giunge dall’amico p. Fabio Garbari, gesuita trentino. che opera in Bolivia.

Carissimi,

è mezzogiorno del 22 dicembre quando il piccolo aeroplano atterra a S. Francisco de Mojos, un paesino nella foresta, composto da circa 70 famiglie, dove veicoli con ruote hanno accesso pochi giorni all’anno e la comunicazione è possibile solo con piccoli aeroplani o con alcuni giorni di navigazione per i fiumi sinuosi dell’Amazzonia o a cavallo di villaggio in villaggio.

Antonio, il vecchio animatore religioso del paese, mi aspetta sulla pista d’atterraggio, mentre alcuni bambini tengono a bada dei capi di bestiame perché non ritornino a pascolare sulla pista prima della partenza dell’aereo.

Antonio, il vero parroco del paesino e dei quattro villaggi che compongono la parrocchia, mi comunica subito una sua idea: a 25 chilometri da S. Francisco c’è il villaggio di Navidad (Natale) che il 25 dicembre celebra la sua festa; sono anni che non va nessun prete… propone che il gruppo degli animatori di S. Francesco celebri nel paesino e che io possa andare a Navidad assieme a lui. Mi piace l’idea e mi metto a sua disposizione; da quel momento Antonio comincia a organizzare il viaggio.

La piccola canonica (due stanze e una cucina) è stata spazzata per il mio arrivo e una vecchina indigena nel suo tipico abito bianco (tipoy) mi porta mezza dozzina di uova delle sue galline… la partenza sarà all’alba del 24 e così con le uova e abbondante pane che compro presso una famiglia, ho assicurato vitto e alloggio per questi due giorni.

La sera partecipo alla novena di Natale celebrata dai giovani di S. Francisco. Sono contento di non celebrare, perché così ho le mani libere e posso anch’io, come tutti, sbattere il mio straccio sul mio corpo, per combattere in qualche modo, la ferocia delle zanzare che, al calar del sole, sono incredibilmente aggressive.

Il giorno dopo passo la giornata visitando alcune famiglie, parlando con Antonio che mi racconta la vita pastorale della comunità, tappando un buco del tetto della mia stanza perché durante la prossima notte non svolazzino più i pipistrelli e alla sera celebro la Messa nella chiesa del paese. Antonio mi raccomanda di lasciare un’abbondante riserva di ostie consacrate… prima di Pasqua nessun prete verrà qui… Il giorno dopo, la vigilia di Natale, la celebrazione della mezzanotte sarà a carico degli animatori laici.

Dopo Messa, ormai in piena notte, andiamo con Antonio a parlare con Ciro, capo villaggio di Navidad che sarebbe dovuto arrivare a S. Francisco nel pomeriggio. Lo troviamo nella sua casupola: è appena arrivato e ci rassicura dicendo che durante la notte lo raggiungeranno altre persone da Navidad portando i cavalli per me ed Antonio. Fissiamo la partenza per le quattro della mattina per viaggiare prima che il caldo sia eccessivo.

Alle quattro, alla luce delle torce, ci troviamo, straordinariamente puntuali, a casa di Ciro. Sta sellando un solo cavallo, il suo, perché gli altri non sono arrivati.

“El padrecito va a caballo, nosotros a pie!” è la sua sentenza… Provai a protestare, però mi rendevo conto che era la cosa più sensata: non ero venuto preparato per questo viaggio e le mie calzature erano un paio di infradito due numeri meno del mio piede… un paio di calzetti azzardava la difesa dei piedi dalle zanzare… però non potevo pensare di fare 25 chilometri così… Certo che Ciro, classe 1954, e Antonio, classe 1944, avrebbero avuto diritto a un cavallo… pero non erano arrivati…

Alle quattro e mezza cominciamo la cavalcata-camminata verso Navidad.

Nella mia immaginazione tornavano alla memoria quelle vecchie stampe che presentano S. Giuseppe che accompagna Maria a cavallo verso Betlemme: la cosa stonata ero io al posto della Madonna… però per il resto la devozione c’era tutta. Altre cose stonate erano le nuvole di zanzare che ci coprivano fra un colpo di straccio e l’altro, e il sentiero nella foresta, dove in varie occasioni Ciro, Antonio ed il cavallo affondavano i piedi nel fango fino al ginocchio. Poco a poco la notte si andava schiarendo e il canto variato e ininterrotto degli uccelli, il volo delle coppie di paraba (il grande pappagallo azzurro in via d’estinzione), il tamburellare dei picchi dalla testa rossa, il ruggito sordo dei manechi (un tipo di scimmia), il verso tipico delle scimmie, la luce dell’alba che rischiara la foresta, la conversazione con Ciro e Antonio che camminavano davanti a me, davano al viaggio un aspetto irreale e fantastico.

Arrivammo a Navidad dopo cinque ore di viaggio. Varie tutume (guscio legnoso di un frutto che si usa come scodella) di chicha fresca e una amaca ci aspettavano.

Ci aspettavano anche le zanzare che come novelli angeli del cielo si erano riunite a Navidad per annunciare l’ormai prossima nascita del Bambinello… certamente i pastori di Betlemme hanno ricevuto un annuncio meno pungente e più melodico … oltretutto il canto degli angeli durò solo alcuni minuti, mentre le zanzare non lesinarono la loro presenza in nessun momento …

Le sette famiglie che compongono Navidad vedevano aumentare poco a poco la gente nel villaggio: arrivavano per la festa dai paeselli vicini e dalle imprese di bestiame sparse nella foresta della zona.

Passammo la giornata fra le varie attività prefestive del villaggio: macellare il bestiame per i banchetti della festa, preparare il campo da calcio per l’immancabile campionato, adornare e colmare di doni l’albero della cuccagna, completare lo steccato per il piazzale dove si cimenteranno nel montare i tori, preparare il presepio nella sala di riunione del villaggio, visto che la cappellina da vari anni è rovinata. E tutto questo fra il giocare chiassoso dei bambini, l’accoglienza calorosa ai nuovi arrivati, la chicha sempre a disposizione per calmare la sete, i nitriti e gli sbuffi dei cavalli che si riconoscevano fra loro, raggruppati a Navidad dalle località più diverse dopo tanti pantani e sentieri attraversati.

All’imbrunire alcuni giovani pratici di motori cominciano a litigare col generatore di luce che non vuole funzionare… sarà il carburatore? Il filtro? La candela? Eppure Ciro aveva speso un capitale per portarlo a S. Francisco e da lì in aereo a Trinidad per farlo aggiustare…

È ormai notte fonda quando cominciamo la Messa alla luce delle candele… Le zanzare non aspettano il canto iniziale e fanno coscienti e fameliche il loro lavoro, mentre la gente brandisce gli stracci per proteggere le parti esposte del corpo… È simpatico vedere come le mamme muovono con maestria gli stracci in difesa dei bambini che portano in braccio… a quest’ora della notte il calore si fa insopportabile e indossare la camijeta (il grande camicione bianco delle autorità indigene), che uso come veste liturgica, è una penitenza… in ogni caso è anche una protezione dalle zanzare.

Siamo 50 o 60 persone riempiendo il salone del villaggio. Quando cantiamo il gloria (un po’ stonati, per certo…) scopro il Bambinello che giaceva nel presepio coperto con un panno bianco e lo presento all’adorazione dei fedeli, passando accanto ad ognuno. Chi lo tocca, chi lo bacia, chi si fa il segno della croce… le vecchiette nel loro tipoy bianco fanno la curiosa riverenza mojeña… un misto fra inginocchiarsi e fare un saltino… sembra un insolito passo di danza…

Terminato il gloria si accendono inaspettate le luci: le bizze del generatore sembrano essere terminate…

Conclusa la Messa comincia la ronda di caffè e cioccolato con pagnottelle di frumento, di riso, di manioca, inframmezzate con abbondanti tutume di chicha. È quasi mezzanotte quando arriva la carne arrostita nei grandi forni a legna delle famiglie del villaggio.

Io approfitto il trambusto per andare a dormire. La stanza che Ciro mi ha destinato ha due letti, uno per me e uno per Antonio, però altre due famiglie si sono istallate lì sul pavimento, e per arrivare al mio letto, devo passare fra le zanzariere appese come piccole logge a protezione dei giacigli. Io preparo la mia in fretta prima che entrino le zanzare… mi svesto lì sotto e mi addormento facendomi macchinalmente aria col mio straccio.

Alle due mi sveglio un momento, perché arrivano le famiglie alloggiate con noi, cessa il rumore sordo del generatore e il buio della foresta prende possesso di tutto il villaggio… l’esuberante silenzio della notte dà via libera all’allegra sinfonia di rane, grilli ed uccelli notturni. L’afa si placa, la zanzariera tiene a bada le zanzare… è la notte di Natale nel villaggio di Navidad!

Quando alla mattina la luce e il trambusto mi riaprono gli occhi, gli sciami di zanzare che ispezionano la zanzariera per cercare di entrare, mi fanno indugiare parecchio a lasciare mio giaciglio. So che da quando uscirò fino alla prossima notte saranno le mie fedeli compagne…

Una tazza di cioccolata con pagnottelle di riso è la mia colazione, anche se la carne di mezzanotte non mi ha lasciato molto appetito. Sto mangiando con due o tre commensali sotto un albero di mango, quando mi chiamano: mi aspetta la patasca!

La patasca è la colazione tipica delle feste: è una minestra dove la testa della vacca ha bollito tutta la notte e quando si è ormai sfatta, si tolgono le ossa e si aumenta mais… devo dire che è buona, anche se non è facile capire a che parte anatomica corrisponda ogni cucchiaiata.

Oggi, dopo la colazione con cioccolata, la patasca non mi invoglia per nulla e così svicolo via, con la scusa di andare a preparare la Messa… però era proprio lì, nel salone del villaggio improvvisato come cappella, che si stava servendo la saporita e tipica patasca… me ne arriva subito un piatto ricolmo e mi siedo a tavola. Mangiando e scherzando arrivo alla fine del piatto… ridiamo e ci divertiamo assieme quando, avendo masticato qualcosa di duro, lo tolgo dalla bocca e mi ritrovo con un dente incisivo della vacca: la lunga radice lo fa sembrare una zanna di tigre, e così fra risate e battute nell’allegria della tavolata, lascio il mio posto ad altri commensali.

La Messa della festa, i battesimi attesi da tempo, la pittoresca e devota processione, le raccomandazioni dei padrini, il campionato di calcio, il pranzo conviviale, le bravate coi tori, l’allegria dei bambini, l’arrampicata sull’albero della cuccagna, le impertinenze degli ubriachi, le tutume di chicha, la cordialità degli abitanti, l’amicizia generale… sono alcuni degli ingredienti che riempiono la giornata festiva con tanta abbondanza, che né l’afa soffocante, né il fastidio delle zanzare conseguono rovinare la festa.

Ed anche questa notte la zanzariera è la sospirata eroina della mia giornata e quando mi racchiudo fra le sue quattro tele respiro la pace sublime dell’assenza di zanzare.

Le due famiglie che dormivano con noi sono tornate a casa il giorno di Natale, così dormiamo soli con Antonio. Alle quattro del mattino ci insellano due cavalli e ripartiamo alla volta di S. Francisco.

Quattro ore di cavalcata fra sentieri e pantani, vegetazione ed animali, nuvole e rischio di pioggia, mi permettono ripassare i due giorni vissuti a Navidad: se il giorno di Natale il mio compito come prete è celebrare la nascita di Dio nel mondo, questo viaggio era indispensabile, perché proprio lì, a Navidad, Dio è nato per noi e io ho avuto il privilegio di esserne testimone.

Buon Natale

Fabio

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