Sono difficili da calzare le scarpe degli altri e molti nemmeno si sforzano di provarle. Sono quelli che hanno già le risposte preconfezionate, che possiedono le verità indiscutibili, certe.
Sono persone che non sono abitate dalle domande. Paiono addirittura allergiche alle domande, possiedono solo risposte: le loro. Tutto l’universo mondo gira attorno al loro piccolo orizzonte. Più oltre non sanno, non vogliono, non possono vedere. Allora puoi ben tentare un dialogo (sempre necessario e doveroso, per altro) ma sapendo già in partenza che il tuo dire, per quanto sorretto da analisi, fatti, dimostrazioni, difficilmente avrà il potere di superare la barriera fitta, impenetrabile del pregiudizio, dell’apriori che connota il tuo interlocutore. E tuttavia non ci si può arrendere, ripiegando nello sconforto, nello scoraggiamento o peggio ancora nella rinuncia a lottare perché le ragioni di quanti sono strumentalmente dipinti come i nemici da combattere, anziché persone da comprendere e accogliere possano, nonostante tutto, vedere riconosciuto il loro diritto ad esistere. Perché di questo si tratta infine, mica di altro. Certo le problematiche legate al massiccio arrivo di immigrati che fuggono da guerre, povertà e persecuzioni richiedono visione, lungimiranza, lucidità e capacità di risposte che non siano all’insegna dell’improvvisazione e dell’emergenzialità, ma abbiano il carattere della progettualità e dell’inclusione sapendo vedere risorsa là dove altri vedono solo minaccia. Per altro pensare di mettere in campo risposte all’insegna dei respingimenti, della creazione di barriere, dell’innalzamento di muri e fili spinati, rinchiudendosi dentro città fortificate, a fronte di sconvolgimenti che si preannunciano sempre più marcati qualora non si inverta la rotta di processi depauperanti in atto, sarebbe solo una pia illusione, buona forse per tacitare momentaneamente qualche coscienza. Di certo non sarebbero la soluzione, semplicemente perché le persone, a differenze delle cose, hanno un piccolo difetto: pensano. E ogni essere pensante, da sempre, vedendo o intuendo che oltre la siepe di casa esiste una realtà migliore, più vitale di quella nella quale il fato o il destino l’ha posto, è mosso dal desiderio di mettersi in cammino nella speranza di raggiungerla. Non saranno di certo le difficoltà e gli ostacoli posti sul suo cammino a scoraggiarlo o impedirgli di raggiungere la meta agognata. Questo ci insegna la storia antica, quella più recente e perfino la cronaca. A noi saper leggere i segni dei tempi; quelli nostri e ideare risposte umane degne dei nostri figli, dei nostri nipoti.