Quanto ci interroga realmente il Vangelo, la vita di Gesù, così come ci è stata tramandata? È carina la famigliola riunita nel presepe, attorniata da bucolici pastori, illuminata da luci intermittenti, dentro un paesaggio espressione della voglia di sognare.
Credo che niente come i nostri artistici presepi sia più lontano dalla realtà nella quale si è incarnato il nostro Dio. L’evangelista Luca afferma che Maria “diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio”. Anche oggi, come ieri per Gesù e i suoi genitori, non c’è posto per loro nell’alloggio. Non c’è posto per i tanti gli esclusi posti ai margini delle nostre comunità.
Non c’è posto per i bambini violati nella loro dignità.
Non c’è posto per chi fugge dalla guerra e dalla povertà.
Non c’è posto per chi vive con la minima pensione.
Non c’è posto per chi è senza lavoro.
Non c’è posto per i giovani che non hanno alcun futuro.
Non c’è posto per le donne che subiscono violenza.
Non c’è posto per chi non rientra nei canoni di una certa moralità.
Non c’è posto per chi fatica a vivere e sperare.
Non c’è posto per chi è giudicato diverso.
Non c’è posto per chi vive amori non rientranti nella casistica stabilita dall’”autorità”.
Non c’è posto per chi è chiuso in prigione.
Non c’è posto per chi soffre, chi ha sbagliato, per chi invoca solamente un po’ di pietà.
Tante volte non c’è posto, nel nostro cuore, neanche per un Dio tanto umano che sovverte fin dalla nascita ogni nostra idea elaborata a suo riguardo. Lo vorremmo un po’ più eccelso, superiore, impareggiabile… più lontano. Ci disturba un Dio che nasce come un povero qualunque, che ci costringe a misurarci con i poveri odierni, che ci ricorda che per arrivare a comprenderlo un pochino, abbiam bisogno di percorre i sentieri dell’umano. Farci semplici, umili, con lo sguardo da bambini e un cuore che palpiti davvero.
Ritorniamo, nel silenzio riflessivo, a contemplare il nostro Dio fatto Bambino.
Buon Natale.