C’è di che scoraggiarsi osservando quanto avviene nel mondo, sia vicino a noi che altrove. A volte pare di essere travolti inesorabilmente solo da cattive notizie, da scenari catastrofici, da prospettive pessimistiche.
Certamente sarebbe da ingenui cullarsi in attese miracolistiche immaginando che tutto possa risolversi nel modo migliore facendo affidamento sulla buona sorte. Il futuro è nelle nostre mani, a condizione però che accettiamo la fatica di cambiare mentalità, che usciamo dal senso di impotenza che pare avvolgere un po’ tutti, di questi tempi, e intraprendere il cammino rischioso della libertà, rifuggendo dalla tentazione di affidarsi agli strilloni di turno che promettono soluzioni miracolistiche. In molti stanno abboccando alle sirene che promettono, a fronte di problemi complessi, soluzioni facili, risolutive e rapide. Oggi vanno per la maggiore quanti, agendo sulla paura e lo smarrimento di tante persone, sollecitano gli istinti più bassi, prospettando scenari catastrofici qualora non si agisca in una logica difensiva e di chiusura. Ma è possibile immaginare un mondo attraversato da muri e reticolati che dividano popoli e persone? È immaginabile che ogni stato nazione torni ad ridiventare ciò che è stato in passato, a fronte dei cambiamenti climatici, delle guerre in atto che sradicano interi popoli, di migrazioni di massa indotte e prodotte da violenza e povertà? Non sono piuttosto delle pie illusioni, o peggio, benzina sul fuoco in grado di appiccare nuovi incendi? Tuttavia non bastano gli appelli alla solidarietà o il riferimento ai valori per placare le paure di tante persone, specialmente di quante, per la loro condizione economica e sociale precaria, possono facilmente persuadersi che davvero la loro situazione dipenda dalla biasimata “invasione” di stranieri. A costoro vanno date risposte sollecite e vere, diversamente non ci possiamo meravigliare che poi prevalgano, nelle consultazioni elettorali, quanti hanno seminato abbondantemente usando del loro malcontento. A chi fatica ad arrivare a fine mese, a chi non ha prospettive di lavoro, opportunità di realizzazione, a quanti vivono in contesti di periferia e si trovano a dover condividere con ad altri poveri ed esclusi, provenienti da altre culture, la stessa situazione di precarietà e mancanza di futuro, o si offrono risposte e soluzioni nel segno della giustizia sociale, della legalità e della rassicurazione, o se ne fa sostenitori dei Trump di turno. In questo senso una vera politica democratica e progressista, se vuole rappresentare le istanze degli strati popolari deve uscire dal chiuso delle stanze nelle quali si è ormai installata, tornare a stare tra la gente e soprattutto avere il coraggio di abbandonare la scelta neoliberista dalla quale si è lasciata profondamente influenzare. Tornare con coraggio a prospettare soluzioni alternative all’impero della finanza e di una economia senza anima. Se non saprà parlare il linguaggio dei più poveri e della libertà dai bisogni, non potrà in modo credibile ritenere di potersi proporre quale messaggera della libertà per. Per i diritti, per l’uguaglianza, la fraternità, la solidarietà ecc.