Alla fine ci sono riusciti, i pronostici della vigilia si sono attuati in pieno e dunque i penta stellati sono riusciti a conquistare Roma e Torino.
Come in ogni competizione elettorale meriti e demeriti di chi vince e di chi perde sono ampiamente distribuibili. Umiltà, cosa che non è quasi mai dei politici, chiederebbe di abbassare eccessivi toni trionfalistici, da una parte, e dall’altra riconoscere, in chi ha perduto, la sconfitta subita. Detto questo e sorvolando per un momento le polemiche in corso, una prima banalissima riflessione che mi viene spontanea alla mente è che se per taluni aspetti montare a cassetta può essere relativamente facile (per tutti), più difficile è rimanerci e mostrare di saper essere il conducente migliore per la diligenza, come da attese. Rimanendo alla metafora usata, se per montare a cassetta basta l’assenso, per rimanerci, e soprattutto per svolgere bene il compito assunto, serve il con-senso. E questo è più difficile da conseguire e ancora più da mantenere nel tempo. L’assenso infatti può essere anche frutto del sentimento passeggero del momento. Il con-senso, no. Questo, per permettere di costruire qualche cosa di valido e importante, come per ogni cosa nella vita, ha bisogno di continuità e di tempo. Anche a posizioni invertite, nel caso avesse vinto qualche altro schieramento, sia chiaro, il discorso, a mio parere, varrebbe ugualmente. Tanto più in una situazione che vede attiva, partecipe al voto, una minoranza di elettorato. Non ingannino le percentuali dei candidati sindaci vincenti. Per quanto alte, sono pur sempre percentuali di una quasi minoranza di votanti e questo è l’aspetto che più dovrebbe preoccupare e indurre seriamente a riflettere. Anche quanti non hanno espresso la propria preferenza inserendo la scheda nell’urna, votano in tanti modi diversi nel corso di un anno. E un sindaco che voglia essere rappresentante di tutta una città, che lo voglia o meno, dovrà tenerne conto. Non rimane che formulare l’augurio più sincero a chi è stato eletto per amministrare città grandi o piccole e sperare che a motivare nuovi e vecchi eletti sia la ricerca del bene comune, più che le ambizioni personali o di gruppo.