Cadono i giusti, cadono come fiori recisi per mano di morti che si reputano persone migliori a partire da uno sguardo distorto.
Sguardo miope, rivolto all’interno, all’indietro, alla ricerca di un mondo che non mai è esistito se non nei vaniloqui di quanti hanno per mentore l’egocentrismo più bieco. Poco importa come tutto ciò si manifesti. Non tutti, per fortuna, arrivano al punto di uccidere quanti ritengono intralcino il loro cammino, l’itinerario sul quale hanno deciso di camminare incuranti degli altri. Eppure per tutti il sentiero che conduce al precipizio che include l’uccidere, l’assassinare, principia dai sentimenti coltivati, dalle suggestioni accarezzate, dalla parola che umilia, esclude, respinge e che in troppi sottovalutano o pensano faccia parte della normale dialettica. Del confronto che può essere anche aspro. Ma quando si pensa, quando si teorizza, si sostiene apertis verbis che l’altro, gli altri non hanno la nostra stessa dignità, il nostro stesso valore, che in fondo pur assomigliandoci in realtà non sono davvero persone, allora si stanno creando le precondizioni per arrivare anche al momento che sopprimere l’avversario (chi si oppone ad altra persona in una competizione, in una discussione) non è più percepito come un crimine, un delitto, un misfatto, ma tutt’al più come un malicidio (l’uccisione di un malfattore), pertanto, non solo permesso, ma perfino raccomandato. In questi tempi che paiono riproporre il peggio del passato, con il ritorno e il riproporsi di propositi, ideologie che ritenevamo sconfitte da tempo, occorre vigilare. Impegnarsi a combattere con maggior determinazione chi vorrebbe precipitarci nel buio di esperienze di morte. Non sarà facile conservare la speranza, ma non ci resta nient’altro da fare, se vogliamo poter vivere giorni migliori. “Mai nessuna notte è tanto lunga da non permettere al sole di sorgere.” (Paulo Coelho)