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Ultima modifica Giovedì 31 Marzo 2016 10:03
23 mar 2016
NEL NOME DELLE VITTIME
Scritto da Piergiorgio |
Letto 4111 volte | Pubblicato in Il mio blog
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Vittime lo sono tutte le persone ammazzate nel corso di questi ultimi giorni e anni, non solo i caduti di Bruxelles. Se ci lasciassimo strappare questa incontrovertibile affermazione, mossi dalla paura e dall’orrore indotti in noi dall’essere stati colpiti “in casa”, imboccheremmo una strada molto pericolosa.

Certamente, quando si è colpiti più da vicino, è del tutto naturale che scattino dentro di noi reazioni di tipo emotivo capaci di indurre reazioni altrettanto emotive e per ciò stesso passibili di esiti funesti. Oggi più che mai abbiamo bisogno di non lasciarci travolgere da quanto accaduto, invocando misure draconiane. Il rischio di una radicalizzazione dello scontro che, anziché contrastare in modo selettivo ed efficace il terrorismo, imbocchi la strada di una guerra di tutti contro tutti è, mio parere, molto forte. È quanto invocano, ad esempio, i vari populisti e xenofobi che vorrebbero ci lanciassimo in una guerra senza quartiere contro tutti gli islamici, considerati, almeno potenzialmente tutti quanti fanatici, potenzialmente terroristi, quindi nemici. Certamente lo scontro in atto rivela anche tutta la nostra vulnerabilità perché la democrazia è vulnerabile. Eppure è rilanciandola e difendendola da possibili derive autoritarie che ne usciremo, così come ci è riuscito il nostro Paese nei confronti del terrorismo degli anni Settanta. Chi immagina di poter contrastare il terrorismo che oggi insanguina tanti luoghi e territori del pianeta: dall’Africa, all’Asia, dal Medio Oriente all’Europa, facendo ricorso solamente alla forza delle armi, lo voglia o no, non ha una reale intenzione di sconfiggerlo. Persegue altri scopi. Accanto al doveroso contrasto con efficaci misure di polizia e d’intelligence, è più che mai necessario che si risanino le molte ingiustizie delle quali anche noi occidentali siamo responsabili e che ogni persona, in ogni luogo del pianeta possa sentirsi cittadino a pieno titolo, detentore di diritti reali e non semplice comparsa. Le religioni possono giocare un ruolo importante in questo frangente, a condizione che si liberino una buona volta dalla pretesa di essere detentrici di verità da imporre, ma solo portatrici di proposte di umanizzazione. Devono dichiarare, ma più ancora testimoniare nel quotidiano che la violenza, ogni tipo di violenza è bandita dal loro orizzonte. Che credere in un Dio è credere che ogni persona ha diritto di vivere in pace e desiderare la felicità. L’Europa da queste tragedie ha l’opportunità di uscirne solamente rilanciando convintamente il tema di una reale unità nel segno dei valori fondanti, riaffermando e implementando un sistema di protezione sociale capace di risanare le ingiustizie e le diseguaglianze tra i suoi cittadini e promuovendo la convivenza tra persone di cultura, religione, orientamento diverso, perseguendo la “convivialità delle differenze” unico antidoto in grado di sconfiggere, prima ancora che sul piano militare, su quello culturale il terrorismo che si nutre di odio e contrapposizione tra le persone. È un cammino lungo e certamente non facile, ma l’unico in grado di farci crescere in umanità e aprirci orizzonti di pace.

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