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25 set 2015
SOLO QUANDO CONVIENE
Scritto da Piergiorgio |
Letto 3766 volte | Pubblicato in Il mio blog
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Lo affermava già il poeta, romanziere, giornalista, scrittore e critico d'arte francese, Remy de Gourmont che «è abbastanza evidente che coloro che sostengono la pena di morte hanno più affinità con gli assassini di quelli che la combattono». Sono dello stesso parere anch’io.

Tuttavia nel mondo se ne eseguono ancora tantissime. Uno dei Paesi aq distinguersi in questo campo, in senso negativo, è inteso, è l’Arabia Saudita. Stando ad Amnesty International, solamente nel corso di questo 2015,  ha eseguito 130 esecuzioni. Uno degli ultimi condannati in attesa di esecuzione è il giovane Ali al-Nimr. La sua unica colpa è quella di aver partecipato a delle manifestazioni antigovernative quando aveva soltanto 17 anni. Per i sostenitori di questa pena barbara, non basta il diritto (arrogantemente assegnatosi) di porre fine a un’esistenza. Hanno bisogno di sputtanare il colpevole, o ritenuto tale, di un determinato reato. E allora ecco che non basta loro mozzargli il capo, che già sarebbe orribile. Hanno previsto che il corpo del giovane sia poi crocifisso e lasciato esposto fino a putrefazione. E assurdità tra le peggiori, come ricorda oggi sul quotidiano la Repubblica, Tahar Ben Jelloun, la condanna a morte del giovane Alì avviene a pochi giorni di distanza dall’elezione dell’ambasciatore saudita, Faisal Bin Hassad Trad, a presidente del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite. Naturalmente non lo si poteva condannare soltanto per “partecipazione a manifestazioni antigovernative”, pertanto era necessario costruire le prove in grado di fare apparire plausibile la sua condanna. Il gioco è semplice e sempre proficuo. La condanna è stata emessa sulla base di una sua confessione, estorta con la tortura, così risulta che colpevole di attacco alle forze di sicurezza, rapina a mano armata e possesso di un mitra. Per altro, come informa ancora Amnesty, «violando la Convenzione sui diritti dell’infanzia e il diritto internazionale, l’Arabia Saudita ha messo a morte persone per reati commessi quando erano minorenni. Spesso i processi per reati capitali sono tenuti in segreto e sono sommari e iniqui, senza l’assistenza  e la rappresentanza legale durante le varie fasi della detenzione e del processo. Gli imputati possono essere condannati sulla base di confessioni estorte con torture e maltrattamenti, coercizione e raggiri». Tutto questo, e è quanto mai scandaloso, avviene nel quasi totale silenzio degli Stati occidentali che si limitano, nel migliore dei casi, a qualche rimostranza di circostanza, tanto per poter affermare che hanno blaterato. Tutto per una semplice ragione: gli affari, il denaro. Gli interessi economici europei, compresa s’intende l’Italia, agli occhi de nostri governanti, valgono molto più di una qualsiasi vita umana, compresa quella del giovane Alì, salvo poi ripetere come in un mantra, che noi siamo i difensori dei diritti umani… quanto appunto conviene.

A QUESTO LINK È POSSIBILE FIRMARE L’APPELLO DI AMNESTY CONTRO LA CONDANNA A MORTE DI ALÌ:

http://appelli.amnesty.it/arabia-saudita-pena-di-morte/

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