Sui giornali e in tv ha tenuto banco soprattutto la notizia della strage ad opera di Dylann Roof, a Charleston, e non poteva essere diversamente, per certi aspetti. Meno evidenza hanno avuto le parole di perdono di alcuni tra i parenti delle vittime,
ma anche la reazione di tante altre persone che hanno richiamato alla necessità di non rispondere con la violenza alla violenza. Se il governatore, per giunta donna, non ha trovato di meglio che invocare la pena di morte per il 21enne assassino, uno dei rappresentanti della lobby delle armi, Charles Cotton, è arrivato a sostenere che se il reverendo ucciso avesse autorizzato i fedeli a portare le pistole in chiesa avrebbero potuto difendersi. Per contro, la figlia di una delle vittime, presente al collegamento in video conferenza di Dylann Roof con il giudice che lo doveva ascoltare, ha avuto parole di grande coraggio: «Non potrò mai più abbracciarla, ma ti perdono. Dio abbia pietà della tua anima. Hai fatto del male a molte persone. Che Dio ti perdoni, io ti perdono». A lei ha fatto seguito la dichiarazione di un’altra parente delle vittime: «Cogli questa opportunità per pentirti». Ecco due modi diametralmente opposti e inconciliabili di stare al mondo: da una parte coloro che credono nella violenza, quella personale o di stato quale soluzione di qualunque problema insorga tra le persone, e dall’altra coloro che, non senza fatica e dolore, ritengono che la violenza non sia mai risolutiva, anzi, generi inevitabilmente altra violenza in una spirale senza fine. Ci vuole molto più coraggio per perdonare che non per impugnare una pistola o sanzionare un colpevole di un misfatto con una pena, quella di morte, volta a decretare l’impossibilità di qualunque ravvedimento. È l’altra America, quella che mi piace: quella di quanti, pur toccati in modo tragico negli affetti più cari, sanno pronunciare ancora parole di speranza.