Il dato più certo di queste elezioni comunali è di tutta evidenza l’aumentata astensione dalle urne. Un dato che interroga e in parte inquieta.
Non sono un analista politico, pertanto non mi avventurerò in considerazioni che non sono alla mia portata. Stabilire tra le possibili cause di tale disaffezione, questioni metereologiche o orari di chiusura dei seggi, per quanto plausibili, mi sembrerebbe assai riduttivo. Forse, ma non ne sono del tutto certo, hanno pesato anche considerazioni che poco avevano a che vedere con quanto realmente operato dalle varie Amministrazioni comunali e con i programmi (non so quanto conosciuti dagli elettori), di chi si è proposto per i prossimi anni. Voglio dire che probabilmente hanno pesato anche valutazioni più di carattere nazionale, legate a un indiscutibile discredito nei confronti della politica e dei partiti in generale, posto che a trarne vantaggio, pare, siano state soprattutto le varie liste civiche. È un campanello d’allarme che dovrebbe far riflettere quanti – ed è ammirevole, da parte loro – perseverano nell’impegno politico attivo. Mi pare che solo la vicinanza non occasionale con gli elettori, un loro effettivo coinvolgimento nelle decisioni, l’ascolto non di maniera e nuove forme di partecipazione possano invertire la tendenza. Naturalmente tutto questo da solo non basta. Una qualità che non sempre la politica sa dimostrare, è anche il parlare veritiero che sa andare controcorrente, quando serve, e farsi difensore, pagandone il prezzo, di valori quotidianamente messi in discussione, attraverso l’appiattimento su proposte e progetti volti a catturare il consenso pur che sia, senza star troppo a sottilizzare. Anche in tempo di crisi come l’attuale, anzi forse ancora di più, c’è bisogno di rifarsi, in politica, che poi si esplica nella amministrazione dei territori, a valori non contingenti, di largo respiro, capaci di farsi scelta di vita buona per tutti, specialmente per quanti abitualmente sono confinati nelle periferie esistenziali, pena l’accontentarsi di una vita rachitica per tutti. Il coraggio di “cambiar verso”, tanto per usare uno slogan abusato, dovrebbe significare l’impegno concreto a creare comunità aperte e solidali, unico antidoto contro chiusure narcisistiche che della miopia esistenziale hanno fatto la base del proprio consenso. Rincorrere costoro sul loro proprio terreno non sarebbe segno di lungimiranza e intelligenza politica, semmai il contrario. Alla lunga, ciò che paga davvero, sono le scelte, anche difficili, che però siano nel segno dell’attuazione, per quanto possibile, di quei principi costituzionali che rendono la nostra Carta tra le più belle del mondo. Quanti non ci credono, è meglio che non ci provino nemmeno.