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12 nov 2014
SENZA VOLTO
Scritto da Piergiorgio |
Letto 4214 volte | Pubblicato in Il mio blog
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Non ha nome, non ancora, l’uomo morto nel rogo che ha consumato la povera baracca nela quale aveva trovato rifugio per la notte. Uno dei tanti che balzano all’onore delle cronache soltanto quando la morte li ghermisce.

Per il resto del tempo sono senza volto, senza nome; invisibili, nonostante si incontrino quotidianamente lungo l e nostre strade, nei nostri giardini, ai crocicchi o sulle panchine elette tante volte come giaciglio. Quando qualcuno di loro muore, magari tragicamente, allora gli si dedica anche una pagina di giornale, tanto che costa? Ma nella quotidianità non c’è spazio per loro e sovente sono oggetto di grida, di ostracismi o al più di commiserazione. Quanta distanza, nel sentire di molte persone, tra i sentimenti che le animano nei confronti di questi perdenti della vita, se paragonati ai sentimenti (per carità, legittimi anche quelli!) che hanno trovato ben maggior spazio nella cronaca locale per il destino dell’orsa Daniza o dei conigli che infestano il cimitero. Francamente, per quanti sforzi faccia per capire, non mi riesce comprendere come mai per degli animali ci si preoccupi tanto e per le persone molto meno. Un cane infreddolito o abbandonato induce tristezza e provoca indignazione. Contro l’abbandono degli animali si organizzano campagne di stampa e si promuove pubblicità per sensibilizzare l’opinione pubblica. Per i nostri simili che sono costretti in strada da circostanze avverse della vita, si spende meno che per la tutela dei prodotti di origine controllata. Pare sia considerato normale che esistano tali persone e che sia altrettanto normale vederle sopravvivere ai margini delle nostre comunità guardate con sospetto; con un misto di fastidio, commiserazione e al più fatte oggetto di carità spicciola e pelosa. Per noi è normale considerare la casa un bene in cui investire anziché un bene servizio, da qui discende anche la nostra ruffiana indifferenza per quanti un’abitazione degna di tale nome non se la possono semplicemente permettere. Se la civiltà di una società la si può giudicare dalle opportunità offerte a quanti dalla vita hanno avuto meno, direi che la nostra non stia in cima a un’ipotetica classifica. Fino a quando non diverrà motivo d’indignazione, di lotta e cambiamento, avvertiti come dovere di tutti e di ciascuno, agire perché nessuno sia privo di una casa, un lavoro, del necessario a vivere con dignità, non saremo degni di dirci civili. Papa Francesco nel recente incontro con i rappresentanti dei movimenti popolari ha avuto parole molto forti a questo riguardo: «Famiglia e casa vanno di pari passo! Ma un tetto, perché sia una casa, deve anche avere una dimensione comunitaria: il quartiere ed è proprio nel quartiere che s’inizia a costruire questa grande famiglia dell’umanità, a partire da ciò che è più immediato, dalla convivenza col vicinato. Oggi viviamo in immense città che si mostrano moderne, orgogliose e addirittura vanitose. Città che offrono innumerevoli piaceri e benessere per una minoranza felice ma si nega una casa a migliaia di nostri vicini e fratelli, persino bambini, e li si chiama, elegantemente, “persone senza fissa dimora”. È curioso come nel mondo delle ingiustizie abbondino gli eufemismi. Non si dicono le parole con precisione, e la realtà si cerca nell’eufemismo. Una persona, una persona segregata, una persona accantonata, una persona che sta soffrendo per la miseria, per la fame, è una persona senza fissa dimora; espressione elegante, no? Voi cercate sempre; potrei sbagliarmi in qualche caso, ma in generale dietro un eufemismo c’è un delitto. Viviamo in città che costruiscono torri, centri commerciali, fanno affari immobiliari ma abbandonano una parte di sé ai margini, nelle periferie. Quanto fa male sentire che gli insediamenti poveri sono emarginati o, peggio ancora, che li si vuole sradicare! Sono crudeli le immagini degli sgomberi forzati, delle gru che demoliscono baracche, immagini tanto simili a quelle della guerra. E questo si vede oggi». Io credo che Dio sia stato nella baracca con l’uomo che bruciava in solitudine l’altra notte. Noi, invece, dove eravamo in quello e in altri momenti?

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