Ha un viso da bambina, Sara. (nome di fantasia)
Certo, non diresti, vedendola, che è madre di sette figli; qualcuno già grande, altri molto piccoli.
Quando parla, fatico talvolta a cogliere ogni espressione, perché sussurra quanto dice e inoltre, essendo lei straniera, storpia più di un termine, rendendo difficile l’ascolto.
Le emozioni che premono dentro di lei: gioia, turbamento, dolore, dubbio, incertezza, oscurità, le ha dipinte su ogni angolo del corpo.
Sul viso, innanzitutto.
E poi negli occhi che ha chiari come il cielo di settembre.
Il cielo che si scorge oltre le sbarre, oltre le cime dei monti che incastonano quest’angolo di mondo; questo non luogo che racchiude tanta umanità dolente.
Quando sorride, sovente è un sorriso triste a disegnarle gli angoli attorno alla bocca; una bocca piccola, come conviene a una bambina, anche se grande…
Amore è un termine che le è caro più di ogni altra cosa.
Lo usa come il pittore fa con il pennello quando, con abile mossa, traccia nel bianco di una tela morta, segni e linee di vita.
A lei succede quando parla dei figli e del legame che, sebbene affievolito dalla distanza, sente pulsare dentro di lei come avvertiva il battito del loro cuore quando allattava.
Oggi la vedo più distesa,
più tranquilla dell’altro giorno.
Il viso non diserta oggi le rughe, come crespe onde…
Come altri momenti. Insegue quanto scrivo sulla lavagna, con occhi fattisi piccini dallo sforzo;
impegno profuso nel decifrare i segni e soprattutto il senso di quello che sto scrivendo.
La punteggiatura.
Stiamo cercando di capire a cosa serve;
come si usa e quando e quali, tra i segni d’interpunzione, la comandando e in quali circostanze.
Quanto è difficile, mi dico, osservandola, trovare le parole adatte;
i termini più semplici, più usuali,
perché il mio dire somigli un poco al pane;
un pane buono, alla sua portata.
Mi accorgo – sarò sincero, non è però da oggi – che anche per me è come reimparare.
Sempre e da capo. E questo è davvero molto bello!
Ci vuole a questo punto l’esclamativo.
È un punto che anche lei afferma di conoscere e si produce in quale esempio.
La chiamano.
Esce correndo dalla stanza e quando torna, reggendo in mano e sventolando quel “suo” pezzo di carta… non è più lei.
Si è fatta sole e luna allo stesso tempo.
Che dire? È proprio raggiante e la lucentezza le trapassa la pelle.
«Mi hanno dato un permesso!» declama, quasi non credendo, e pensa già alle conversazioni che avrà, al telefono, con i figli.
I suoi figli, i suoi tesori, il suo mondo.
Che bello, vedere sul volto delle persone la gioia fattasi carne!
E qui lo metto io, che condivido il suo sentire, il punto esclamativo, perché la contentezza indotta in lei da poche ore di libertà accompagnata, mi ha contagiato nel profondo e son proprio contento.