Chi non vorrebbe la pace? Tutti i popoli, al di là di ogni distinzione possibile, aspirano alla pace. Troppo spesso però immaginiamo la pace come assenza di conflitti, quasi che la vita possa essere paragonabile ad uno spot pubblicitario
di quelli nei quali i sorrisi (finti) abbondano, i colori sono quelli studiati da menti pagate appositamente per saperli accostare al prodotto pubblicizzato, le persone sono tutte di una bellezza e simpatia standard, hanno la pelle liscia e ben levigata, magari abbronzata al punto giusto e si compiacciono di essere osservate, al di là dell’obiettivo, da occhi che non incroceranno mai nella vita reale. Immaginata in questi termini, la pace è una caricatura; un desiderio infantile, somigliante ai finali da favola nei quali i cattivi, che sono sempre gli altri e che in genere hanno fattezze mostruose, sono irrimediabilmente vinti, sconfitti, sottomessi, messi all’angolo, mentre i buoni trionfano, festeggiano, banchettano, si librano nell’aria felici e vittoriosi. Per molto aspetti, sotto questo profilo, in troppi, siamo rimasti bambini, e come tutti i bambini ci portiamo dentro desideri di onnipotenza che ci impediscono di saper leggere la realtà per quello che è e non per come la vorremmo, pertanto siamo continuamente combattuti tra desideri di pace (leggi tranquillità) e desideri di ritorsione verso tutti coloro ai quali imputiamo la responsabilità di toglierci tale tranquillità. Non importa chi siano costoro: vicini o lontani non fa una gran differenza. Sugli uni, come sugli altri, in genere siamo poco informati e quanto sappiamo di loro, in genere, è quanto ci è permesso sapere attraverso letture parziali, talvolta distorte, interessate o anche menzognere. Comunque sia, la dove sorge un conflitto, qualsiasi conflitto (non solo quelli armati), difficilmente torti e ragioni si possono dividere in modo netto; di qua e di là. Perfino chi ha torto marcio, come usiamo dire, ha dalla sua una parte, magari minima, infinitesimale, di ragione. Difficile vederla, soprattutto quando, per reazione a quanto ha fatto, siamo tanto scossi da perdere perfino la ragione. Uscire dalla logica amico nemico nei rapporti tra le persone, così come tra i popoli, non è per niente facile, agevole e neanche privo di costi. Quando pensiamo alla guerra come possibile strumento di risoluzione di un qualsiasi conflitto, inutile nascondercelo, pensiamo certamente che potrà avere un costo in termini di vite umane, di dolori e di distruzioni, ma probabilmente non ci mettiamo nel conto di quelle perdite. Forse è questo a farci propendere più facilmente per la risposta armata, piuttosto che per alternative non violente, immaginate, oltre che perdenti, anche maggiormente costose. Se riuscissimo a fare uno sforzo in più di fantasia, mettendo sul piatto della bilancia ciò che uno scenario di guerra di può riservare (ne abbiamo anche fin troppo esperienza, anche se non sempre diretta) e quello che potrebbero riservarci altre opzioni fino ad ora mai praticate, forse, con quel barlume di intelligenza rimastaci, ci riuscirebbe finalmente di tentare strade nuove, ancorché inesplorate, anche se non prive di rischi e di dolore. Forse riusciremmo a imprimere una svolta alla storia dell’umanità e avviarci verso orizzonti di pace vera, di una maggior giustizia e fraternità tra tutti. Certo niente si improvvisa, nemmeno una modalità alternativa a quella perseguita da sempre di risoluzione delle contese. Ci vuole molto coraggio, disciplina e addestramento. Richiede la partecipazione e la collaborazione di tutti. Richiede la disponibilità a metterci non solo la faccia, ma anche la propria reputazione, mettere in gioco la propria vita e correre il rischio di perderla, all’occorrenza. Ma forse che una guerra, la sua preparazione, il mantenimento di un esercito con tutto i corollario che ne consegue non richieda lo stesso tanto e anche di più? Forse che puntare ancora e sempre sugli strumenti di sempre non abbia un costo talmente alto nel mondo, da essere profondamente immorale, ingiusto e anche perdente, a conti fatti? La pace non è un sogno: - diceva Mandela - può diventare realtà, ma per custodirla bisogna esser capaci di sognare. Quanti di noi sono disposti a farlo?