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19 giu 2013
CAMBIARE SI PUÒ
Scritto da Piergiorgio |
Letto 11403 volte | Pubblicato in Il mio blog
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Certe notizie non esistono; punto. Perché non se ne parla o non se ne parla abbastanza. Tra queste c’è ad esempio quella riguardante la partecipazione italiana al programma dei cacciabombardieri F-35 Joint Strike Fighter, che ha avuto il merito di tornare alla ribalta, a seguito dell’appello lanciato recentemente

da Ascanio Celestini, Luigi Ciotti, Riccardo Iacona, Chiara Ingrao, Gad Lerner, Savino Pezzotta, Roberto Saviano, Cecilia Strada, Umberto Veronesi e Alex Zanotelli in vista della discussione alla Camera dei Deputati della mozione – sostenuta da 158 deputati SEL, PD e M5S) – che chiede la cancellazione della partecipazione italiana al suddetto programma. Era stato proprio il giornalista Riccardo Iacona a parlarne diffusamente lo scorso 3 febbraio in prima serata, durante la trasmissione Presa diretta. Una delle poche trasmissioni, assieme a qualche altra, che hanno il pregio di non far rimpiangere di pagare il canone tv. Naturalmente per quanti sull’argomento erano già informati, l’inchiesta non aveva aggiunto particolari novità, però aveva avuto il pregio – e non è cosa da poco di questi tempi – di mettere in luce l’assurdità, l’illogicità che sta dietro a scelte spacciate come necessarie e inevitabili; ad iniziare dai costi iperbolici per poi dettagliare pure la scarsa qualità del prodotto, definito da Pierre Sprey, considerato il padre dello storico F-16 americano, “il peggior aereo che abbiamo mai costruito”. L’inchiesta aveva messo in luce, attraverso la testimonianza di persone operanti nel ramo, e non certo da parte di pacifisti prevenuti, gli intrallazzi e le convenienze economiche che stanno dietro tali scelte e come tutto sia dettato principalmente da queste prima ancora che dalle effettive prestazioni tecnologiche e perfino – udite, udite! – senza tenere nel dovuto conto i bisogni, le necessità degli stessi piloti che dovrebbero guidare i mostri celesti. Ce n’era abbastanza, da quanto udito, per far rabbrividire e chiedersi come mai il dibattito sull’ argomento, nella campagna elettorale allora in corso, sia stato quasi assente. Siamo davvero un Paese strano se non riusciamo a mettere al centro del dibattito temi come questo, mentre ci lasciamo facilmente catturare e distrarre dalla politica spettacolo. Viene da chiedersi cosa debba ancora succedere in Italia perché finalmente si apra davvero gli occhi sulla reale situazione nella quale l’inettitudine di certa politica ci ha precipitato e sia richiesto a gran voce un reale cambio di passo. L’indignazione che pure esiste tra le gente, si ha l’impressione, talvolta, che sia genericamente rivolta verso la classe dirigente solo perché non se ne fa parte, e non perché si voglia un vero cambiamento. La campagna “taglia le ali alle armi”, che già da qualche anno è in atto nel nostro Paese, da parte di varie associazioni contrarie all’acquisto dei cacciabombardieri in questione, aveva prospettato quali e quante cose, con i denari investiti in tale operazione si potrebbero fare, più rispondenti al dettato costituzionale di ripudio della guerra come strumento di risoluzione dei conflitti e di rimozione degli ostacoli che impediscono ai cittadini di poter godere dei diritti loro riconosciuti. “CON IL COSTO DI 1 CACCIABOMBARDIERE (129 milioni di euro) POTREMMO costruire 387 asili nido con 11.610 famiglie beneficiarie e circa 3.500 nuovi posti di lavoro, oppure 21 treni per i pendolari con 12.600 posti a sedere, oppure 32.250 borse di studio per gli studenti universitari, oppure 258 scuole italiane messe in sicurezza (rispetto norme antincendio, antisismiche, idoneità statica), oppure 18.428 ragazzi e ragazze in servizio civile, oppure 17.200 lavoratori precari coperti da indennità di disoccupazione, oppure 14.742 famiglie con disabili e anziani non autosufficienti aiutate con servizi di assistenza. Sono degli esempi e se ne potrebbero fare molti altri; tutto dipende da quale idea di società abbiamo in animo di costruire. Cambiare direzione di marcia dunque si può; bisogna essere in tanti a volerlo.

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