La storia si ripete, qualche volta; quindi pare non insegni niente a nessuno. Nel primo libro di Samuele, nella Bibbia, c’è narrato di quando gli israeliti chiesero fosse dato anche a loro un re e di come, nonostante il vecchio Samuele li avesse messi in guardia, avvertendoli che per loro avrebbe significato passare da una condizione di popolo libero a una di popolo sottomesso alle voglie e alla cupidigia del sovrano, insistettero nella loro richiesta, avendo partita vinta, alla fine. Mutatis mutandis, è quanto sta accadendo nel nostro Paese.
Ci vogliono convincere che abbiamo bisogno di un capo che ci comandi, di un uomo solo al comando, con prerogative e poteri da “comandante in capo” in grado di guidarci, portandoci non si sa bene verso cosa e dove. L’importante – ci dicono – è trasformarci a immagine di altri paesi, dimenticando di ricordarci che abbiamo una storia diversa e una situazione sociale e politica molto differente da quella, per esempio, della Francia, portata a modello di ciò che dovremmo diventare. I Padri costituenti che vollero il tipo di Costituzione che abbiamo e di ordinamento democratico qual è quello attuale, ancorché nei fatti già stravolto, usciti tutti dalla drammatica esperienza fascista, posero dei paletti ben precisi per impedire che si procedesse a cambi repentini della nostra Costituzione sull’onda di possibili ripensamenti estemporanei o dettati da ragioni inconfessabili. Infatti, l’articolo 139 stabilisce che “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”. Ma tant’è. Ora tutti, o quasi, ci vogliono convincere che abbiamo bisogno non più di una repubblica parlamentare, ma di una presidenziale e che questa è la soluzione a tutti i nostri problemi. Ce lo dissero anche negli anni Novanta, quando ci persuasero della necessità di passare ad un sistema maggioritario perché avrebbe garantito una maggior governabilità. Lo abbiamo visto tutti e tutti lo abbiamo sperimentato quanto si sia rivelato vero… Purtroppo abbiamo la memoria corta e anziché pretendere che sia la politica a cambiare, esigendo che ci sia restituita la facoltà di decidere chi vogliamo eleggere come nostri rappresentanti, di poter contare su partiti e regole realmente rappresentative di noi cittadini, rischiamo, sotto l’urto della propaganda del momento, di lasciarci ancora una volta prendere per il naso, abboccando all’amo della persuasione che le riforme in cantiere saranno per il nostro bene. Nostro bene sarebbe che il parlamento deliberasse una nuova legge elettorale, realmente rappresentativa di tutte le istanze democratiche presenti nel Paese, su base proporzionale, con gli accorgimenti necessari perché si possano creare maggioranze in grado di assicurare al contempo la governabilità e poi ci ridessero la parola indicendo nuove elezioni. Tutto il resto è fumo negli occhi. Non abbiamo bisogno di un leader che “ci porti via i figli e li metta alla guida dei suoi carri dei suoi cavalli e altri li faccia guardie che precedono il suo carro a passo di corsa”, ma di persone oneste che si pongano a servizio di noi cittadini; non a parole, come usano fare tutti, ma con i fatti, e che compiuto il proprio dovere, per un numero limitato di legislature, sappiano umilmente passare la mano non ritenendosi indispensabili come fanno quelli attuali, o finiscano, sgomitando, con l’occupare altri posti di prestigio, quasi fosse un loro diritto dinastico. Ciò di cui abbiamo realmente bisogno, è di strumenti nuovi di partecipazione, unico antidoto alla marea montante di disaffezione dalla politica, come anche le recenti elezioni amministrative stanno a indicare.