Quando si vuole commemorare qualche persona che è morta, si rischia sempre di cedere al panegirico di circostanza, specie se la persona in questione era conosciuta come don Andrea Gallo. Tuttavia non ci si può sottrarre dal farne memoria e ricordare le qualità che ce l’hanno resa cara. Molti diranno meglio di quanto non sia in grado di dire io a suo riguardo, che pure l’ho conosciuto; ho avuto modo di ascoltarlo più volte e in qualche circostanza stare in sua compagnia.
Amico di don Dante, è stato qualche volta da noi al Punto d’incontro. I due, sia pure per tanti aspetti assai diversi, affermavano di essere in sintonia su tante questioni; sul modo di intendere e vivere il loro essere preti, per la visione di chiesa che coltivavano e in particolare per il loro essere di parte per fedeltà allo stesso vangelo. Entrambi, con modalità differenti, avevano scelto di servire uomini e donne, specie i più poveri, i meno considerati e assieme a loro tentare un modo diverso di vivere che mettesse al centro la dignità di ogni persona. Nel fare questo si è sempre di scandalo ai ben pensanti di tutti i tempi ed è da mettere nel conto l’essere osteggiati, criticati, trattati da stravaganti, eccentrici, e se credenti, dagli stessi fratelli di fede considerati almeno un po’ eretici, comunque da scansare. Anche don Andrea è passato attraverso il vaglio di critiche pretestuose, infondate e qualche volta sprezzanti. Anche osannato: capita talvolta. Ma ciò che conta davvero è quanto ha testimoniato con coerenza e fedeltà, riassumibile in un concetto che potrà sembrare anche banale: amare davvero le persone, significa compromettersi perché abbiano vita e vita vera, in abbondanza. Molti, ne sono certo, gli sono grati per quanto ha fatto e testimoniato nel corso della sua vita. Alla loro gratitudine desidero unire anche la mia, mentre lo affido al Padre di ogni misericordia. Ora che è entrato, come io credo, nella vita che non ha fine, son certo che sia tra le sue braccia.