A quanto pare, la diceria che vorrebbe che i patrizi romani vomitassero durante i loro celebri e lussuosi banchetti, per poi ricominciare ad abbuffarsi, sarebbe niente più che una leggenda metropolitana; una bufala, come si dice, che trarrebbe origine dal termine “vomitorium”, ingresso laterale, per permettere alle persone di raggiungere i loro posti in anfiteatro, e soprattutto garantire un rapido deflusso al termine degli spettacoli.
Ciò premesso, è anche fuori discussione che durante l’età imperiale, non certo il popolino, ma quanti costituivano l’élite, la classe benestante, in fatto di culinaria si abbandonasse a banchetti succulenti e anche stravaganti. Impazzavano ricette con calli di dromedario, triglie innaffiate di “garum” (una salsa piccante dal profumo intenso, creata con sale e pesce) e creste di volatili. L’Imperatore Vitellio amava gustare cervelli di pavone, quadrupedi farciti e lingue di fenicotteri. Diversamente dall’epoca repubblicana, contrassegnata da frugalità alimentare, quella imperiale si caratterizzò per l’introduzione di cibi esotici e inverosimili. Sappiamo poi come sia finita. Anche il nostro mondo occidentale, e al suo interno, in particolare quanti hanno avuto più di quanto servisse a una vita umana dignitosa, è somigliato e somiglia ancora per tanti aspetti a quegli antichi che si arricchirono a spese di tanti altri che certo non se la passavano poi tanto bene. Con una differenza sostanziale: oggi la parte meno tutelata ha raggiunto cifre da capogiro e la miseria in cui versa è talmente grande, che l’esplosione della sua rabbia somiglierebbe a quello di una bomba atomica. Per contro, anche il benessere di quanti stanno meglio, per i costi che comporta, è pari a più di una bomba atomica. Gli studi sui cambiamenti climatici sono lì a dimostrarlo e senza voler essere catastrofici, il nostro mondo somiglia a un treno che corre all’impazzata verso la collisione certa. Eppure nessuno pare preoccuparsene davvero, se è vero, come è vero, che impazza il mantra della crescita, quale unica ricetta per uscire dalla crisi economica nella quale ci dibattiamo. Eppure più che di crescita, ciò di cui avremmo veramente bisogno è di giustizia sociale e di redistribuzione, ma i soliti noti continuano ad ingannarci affermando che invece abbiamo bisogno di maggior ricchezza per poi distribuirla, nonostante sia documentato che in questi ultimi decenni ciò che realmente è avvenuto, è che la ricchezza si è andata concentrando sempre più in poche mani e la povertà e la miseria in quella di miliardi di persone. Basterebbe un solo dato per sottolineare quanto questo mondo sia impazzito. Il nostro pianeta è in grado di sfamare il doppio della popolazione attuale, eppure facciamo morire centinaia di migliaia di persone. Anche per quanto riguarda la cura della salute, con poco, potremmo fare miracoli per ridare dignità e speranza a milioni di persone ovunque nel mondo, e invece ci trastulliamo gettando soldi e risorse in strumenti di morte. Quello che uccide, e noi ne siamo parte, è l’avidità e l’accumulo della ricchezza, nonostante sia provato che non arrechi maggior felicità l’avere troppo. La povertà checché se ne dica non è una fatalità, ma il risultato di scelte umane; così come l’ingiustizia, quindi si può cambiare. E tocca a noi tutti cambiare direzione di marcia se non vogliamo tutti soccombere. Pensare che si possa continuare sulla strada fin qui percorsa è un’illusione che pagheremo cara. Ci sono ancora persone che preferiscono pensare che la povertà sia imputabile in qualche modo agli stessi poveri perché questo le fa stare tranquille, non crea loro conflitti di coscienza. Eppure sappiamo bene che non è così. Sappiamo che ha cause sociali, politiche economiche. Sappiamo che è frutto di disuguaglianze che sono opera di uomini e non frutto del caso. Essere straricchi non è avvertita come una colpa, ma un merito, anche se questo contribuisce ad ammazzare persone. La povertà è la più grande violazione dei diritti umani. La cosa scandalosa è che anche tra quanti si dicono cristiani, ce ne sono molti che, stiracchiando di qua e di là il vangelo, secondo convenienza, la pensano allo stesso modo. Eppure a me pare che il messaggio cristiano in tal senso sia piuttosto preciso e radicale. Basterebbe prendere sul serio le beatitudini, basterebbe che lo facessero quanti si professano cristiani, perché nel mondo avvenga un’ inversione di rotta nei rapporti tra gli uomini, nel superamento di tante ingiustizie, di lotta seria alla povertà, anziché ai poveri. Invece spiritualizzando l’invito del Signore, di condividere noi stessi e quanto abbiamo, promettiamo il paradiso a chi fatica a vivere, riservando a noi stessi il godimento in questa vita. Se non vi convertirete, ci dice ancora Cristo, perirete tutti allo stesso modo.