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20 giu 2020
FIGLIO, PERCHÉ CI HAI FATTO QUESTO?
Scritto da Piergiorgio |
Letto 6399 volte | Pubblicato in Sulla tua parola
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Lc 2,41-51

41I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42 Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa.

43 Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44 Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45 non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46 Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47 E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48 Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo". 49 Ed egli rispose loro: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?". 50 Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.

51 Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 52 E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Nel suo libro “L’esodo dell’uomo libero”, catechesi sul vangelo di Luca, in riferimento al brano di oggi, il teologo Josep Rius-Camps, scrive: Il rimprovero della madre è quello dell’Israele fedele che ha tentato con tutti i mezzi di integrare Gesù nel suo passato nazionale e religioso. E ancora: Non riescono (i genitori) a concepire che il Messa possa separarsi dalla tradizione che loro rappresentano […] nell’incomprensione dei “suoi genitori”, Luca anticipa già l’incomprensione di cui (Gesù) sarà oggetto da parte di tutti: capi d’Israele, popolo e discepoli. Non comprendere la novità dei figli è cosa che tocca a tutti i genitori che molto spesso vorrebbero, anche in buona fede, “integrare” i propri figli nella tradizione della quale sono portatori. Eppure essere genitori è qualche cosa di meraviglioso, a condizione di saper accettare il fatto che i figli possano crescere e maturare secondo la loro specificità, cosa che necessariamente li rende, li deve rendere diversi da noi. Anche nel modo di esprimere magari gli stessi valori da noi vissuti e testimoniati e che loro sono chiamati, se li condividono, a incarnarli secondo modalità proprie, innovative e creative. In fondo si tratta di accettare che loro crescano mentre noi diminuiamo; quindi di avere fiducia nel fatto che se abbiamo seminato bene i frutti ci saranno comunque, anche se magari diversi da come ce li eravamo immaginati.

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