È stato a conclusone del Giubileo straordinario della Misericordia che papa Francesco ha voluto indire la Giornata mondiale dei poveri, indicando come data in cui celebrarla la XXXIII Domenica del tempo ordinario.
L’intento era quello di sollecitare le comunità e ciascuno battezzato a riflettere sul fatto che “la povertà sta al cuore del Vangelo e che fino a quando Lazzaro giace alla porta di casa nostra non ci può essere giustizia né pace sociale”. Noi tutti abbiamo bisogno di ricordare (riportare nel cuore) anche attraverso momenti specifici, ricorrenze, giornate appositamente dedicate ad una determinata tematica, ciò che può essere ed è importante per la nostra vita personale e sociale. Sappiamo per altro che tutto questo non basta. Sarebbe ben triste cosa, ad esempio, se una coppia si ricordasse dell’amore che la lega solo in occasione della ricorrenza del primo incontro, della prima dichiarazione d’amore o del matrimonio, così come il ricordarsi di una persona cara soltanto in occasione del suo compleanno. L’amore, l’interessamento verso qualcuno si manifesta come vero soltanto se ha il ritmo dei giorni, delle ore, degli istanti. Deve essere così anche del nostro interessamento per le sorti del povero che può essere il famigliare, il vicino di casa, l’estraneo e anche il lontano da noi. Povero è chiunque non abbia modo di soddisfare i bisogni più elementari: materiali o spirituali che siano. Per sovvenire il povero è innazitutto necessario accorgersi che esiste; riconoscerlo e poi tendergli la mano ed aiutarlo a rialzarsi dalla sua condizione di prostrazione. Questo può essere compito di ciascuno in mille circostanze concrete e al contempo dovere sociale, politico ed economico che chiama in causa i singoli stati e il mondo intero. Il povero Lazzaro che giace alla porta non è solo l’emarginato che incontriamo per strada; sono interi settori sociali e a livello mondiale intere popolazioni. La povertà non è un destino né una casualità o peggio la colpa da addebitare a chi è povero. È la ricaduta di scelte economiche finanziarie, sociali e politiche che non hanno per fine il bene delle persone ma l’interesse e il vantaggio di pochi. Nella vita c’è chi parte svantaggiato dalla nascita per la sola ragione di essere nato in un contesto sfavorevole: famigliare, sociale o di luogo. Per costoro la vita è una corsa disperata per agganciare l’ultimo vagone del treno che corre a velocità sostenuta verso un destino che se non interrotto può solo portare alla tragedia per tutti. Ed è tragico osservare che chi sta comodamente seduto in prima classe, nei vagoni di testa, anziché far rallentare la corsa al treno, si limiti, nel migliore dei casi, ad invitare beffardamente chi cerca di salirvi inseguendolo a piedi nudi, ad accelerare la loro corsa. Non sono in poveri a dover allungare il passo, ma noi che stiamo bene, a dover rallentare il nostro andare, misurando il nostro passo sul loro. Il mondo ha di che saziare, vestire, far abitare, lavorare in modo dignitoso tutti e ciascuno. Ciò che manca è la volontà di farlo e si preferisce scialacquare le immense risorse del Pianeta a beneficio dei più sazi, nella corsa agli armamenti, nel lusso, nell’accumulo dei vari Paperoni. I poveri, questi sconosciuti, sono solo effetti collaterali di un benessere arrogante difeso con le unghie e con i denti da parte di chi ha potere, soldi e arroganza da vendere e che non ha scrupoli a farlo. Serve una conversione personale e di gruppo per cambiare e se anche il compito pare immane, non dimentichiamo che il cambiamento necessario siamo noi stessi. Deve iniziare da ciascuno per poi, come cerchi nell’acqua diffondersi in tutto il mondo. Perché accada dobbiamo imparare a guardare negli occhi il povero che ci è più vicino. Da lui abbiamo tutto da imparare. Allora non sarà stato inutile celebrare la giornata dedicata ai poveri se sarà occasione per maturare una nuova coscienza che impegna al cambiamento dovuto.