Il prossimo 20 e 21 settembre saremo chiamati a votare per il referendum costituzionale che prevede la drastica riduzione dei parlamentari e dei senatori, iniziativa spacciata come la soluzione dei mali che affliggono il nostro Paese e come modalità, se non unica certo importante, di risparmio per noi cittadini.
Siamo cresciuti in questi ultimi anni a suon di antipolitica divulgata, il più delle volte proprio da chi della politica ha fatto un uso distorto, personale di interesse proprio o di lobby di riferimento, come cosa sporca, inutile; come qualche cosa di cui si può fare allegramente a meno demandando a tecnici ed esperti la conduzione della cosa pubblica. Invece bisogna avere il coraggio di affermare che una buona politica ha dei costi, costi che dovrebbero essere a carico della collettività perché tutti coloro che intendono dedicarvisi lo possano fare a prescindere dalle risorse economiche a loro disposizione come singoli individui. Il problema non sono i costi, ma l’uso che se ne fa dei fondi a disposizione per poter fare politica. Quindi si tratta di regole stringenti, di trasparenza, di etica e di organizzazione in partiti realmente democratici nei quali gli aderenti, i militanti, abbiano realmente voce in capitolo. Partiti che non siano in mano a capi bastone che fanno il brutto e il cattivo tempo secondo il loro capriccio. Perché questo sia possibile è necessario tornare a fare politica vera dal basso con la partecipazione di tanti. Invece prevale il mito del leader solo al comando con un seguito di fedeli fanatici, sempre e solo ossequiosi verso il proprio capo. Un impoverimento che è prima di tutto culturale e da cui discendono tutte le criticità che hanno reso poco attraente la politica e l’interesse verso la cosa pubblica. Certo, ci sono stati scandali a non finire, occupazione di posti di responsabilità e di potere che hanno contribuito non poco alla situazione di disaffezione attuale, ma ritenere che la via maestra sia quella di ridurre ancor più gli spazi di rappresentanza anziché operare a quelle riforme di sistema necessarie e indispensabili perché parlamento, governo, enti locali funzionino meglio e in maniera più conforme alla nostra Costituzione è come voler scalare un’alta montagna con le scarpe da ginnastica, senza alcuna preparazione, contando sulla buona stella. Quanto più noi semplici cittadini ci limitiamo a stare alla finestra a guardare, sperando nella fortuna, e tanto più si faranno avanti i masnadieri di turno che hanno tutto l’interesse a che noi li lasciamo operare senza battere ciglio. Là dove non c’è controllo popolare, cosa che può avvenire soltanto se si è organizzati e partecipi della conduzione della cosa pubblica e tanto più prevarranno i portatori di interessi particolari: speculatori di ogni risma, faccendieri, intrallazzatori, disonesti, trafficanti, delinquenti. Votare NO al referendum non è certo la panacea che risolve d’incanto ciò che non va, ma solo un sassolino messo nell’ingranaggio di chi vorrebbe, lusingandoci con il mantra del risparmio per le casse pubblico (tra l’latro ridicolo), fari credere che con pochi eletti a rappresentarci, correremo più veloci, ma senza indicare verso dove, perché e come. Ciò che manca davvero è un’idea di paese. Ne abbiamo già avvisaglie nell’uso, ancora tutto da definire, dei soldi che ci dovrebbero venire dall’Europa attraverso il recovery fund. Se il buongiorno si vede dal mattino, l’ipotizzata ripresa della progettazione per il ponte sullo stretto di Messina, non mi pare vada nella direzione del cambiamento auspicato fino a poco tempo fa quando, nel pieno dell’epidemia da coronavirus tutti, o quasi, sembravano convinti che il modello di sviluppo fin qui perseguito non fosse da rispolverare. Nel frattempo i cittadini italiani che hanno in discredito politica e politici a prescindere, ritenendoli tutti ladri, bugiardi e disonesti, non degni di ricevere un compenso adeguato e meno ancora proponibile un finanziamento pubblico dei partiti, continuano a ritenere giusto, doveroso e assolutamente proporzionato “stipendi” astronomici in ogni campo, finanziamento di trasmissioni trash, speculazioni finanziarie, ruberie, finanziamento per armamenti ecc. Tutto si tiene in questo grande giro dell’oca e se ciò che conta per la maggior parte di noi è il successo, la carriere, i soldi, il farsi gli affari suoi, non c’è poi da meravigliarsi che a rappresentarci in parlamento sia il peggio del peggio anziché una classe dirigente degna di questo nome.