Meriterebbe niente più che un’alzata di spalle la sparata del consigliere della Lega Nord, Moranduzzo, di chiudere il Punto d’Incontro (cfr. il Dolomiti del 18 c.m.), tanto è sciocca e priva di senso.
Tacere però mi sembrerebbe contro producente in questo momento. E non è tanto e solo la mia storia personale che mi induce ad intervenire, quanto il convincimento che anche quelle che potrebbero a prima vista apparire spacconate da osteria, nel clima complessivo attuale, concorrono a gonfiare quel fiume che ha nome intolleranza, faziosità. Non ci è lecito lasciar correre. È in gioco il nostro futuro; la convivenza, il tipo di società che intendiamo costruire. Il trumpismo, il lepenismo si nutrono di luoghi comuni, di esasperazioni e rabbie presenti nella società alle quali si offrono soluzioni semplici, univoche che generalmente tendono a dividere la realtà in bianco e nero senza alcuna sfumatura. Da una parte ci sono i buoni e bravi cittadini e dall’altra tutti coloro che non rientrano nella prima categoria: vale a dire tutti coloro che vivono, o meglio sono costretti a vivere ai margini. Gli esclusi, gli scartati, per usare un termine caro a papa Francesco, sono sempre dipinti come reprobi. Non troverete mai in coloro che propongono misure draconiane di intervento (a loro giudizio risolutive) a soluzione del “degrado “cittadino, il benché minimo tentativo di approfondire, comprendere e, soprattutto, proporre misure e interventi nel segno dell’inclusione. I poveri, quanti sbagliano, a prescindere, nella mente di certuni sono solo persone “sbagliate” alle quali la società, nel migliore dei casi può offrire, ponendo non poche condizioni, la possibilità eventualmente di riabilitarsi pagandone il fio. Che ci possano essere delle attenuanti, quantomeno, che possano pesare a loro favore nel giudizio, è pensiero che nemmeno li sfiora. Non parliamo poi del non giudicare le persone; semmai le azioni, e quelle soltanto, è materia inesistente del sapere di quanti posseggono ricette pronte all’uso per ogni evenienza. C’è una ulteriore convinzione che contraddistingue i saccenti e i moralisti, l’idea che quanti camminano con i poveri e si spendono per il loro riscatto, giustifichino anche quanto di sbagliato compiono. È un riflesso condizionato, evidentemente, che nasce dal fatto che loro si comportano a questo modo con i loro sodali. Il vescovo brasiliano Helder Camara, in una sua riflessione, così scriveva:
“Certe creature, come la canna da zucchero,
anche messe nella macina
completamente schiacciate
ridotte in poltiglia
sanno dare soltanto dolcezza…”
Non è il caso di quanti, non avendo occhi di dietro, sanno soltanto vedere (e ingigantire oltre misure) i difetti e i peccati degli altri. Non si accorgono, poveretti, che sovente stanno ad indicare proprio i loro. Per questo vanno compatiti e allo stesso tempo invitati ed aiutati a vedere. Se poi si ostinano a considerarsi vedenti nonostante l’evidente cecità, la colpa è solo loro.