Quando le parole non dicono più quanto dovrebbero significare, ecco che allora se ne stravolge il senso. Dopo la tragedia di Gugnano, frazione di Casaletto Lodigiano, nella quale è rimasto ucciso un uomo che si era introdotto in un bar, con altri complici per compiere un furto, tornano a farsi sentire quanti, con forza, vorrebbero introdurre per legge il diritto alla difesa.
Dimenticano, o fingono di non sapere, costoro, che il diritto di difendersi esiste tutt’ora. Nessuno, che io sappia, è perseguito se, trovandosi a doversi difendere da un aggressione, causa indirettamente lesioni e perfino la morte dell’aggressore. Ciò che il nostro ordinamento non consente è di farsi giustizia da sé, che tutta un’altra cosa. Ora invece sta lievitando, ed è canea da tempo, la richiesta pressante, ad opera dei soliti venditori di paura, di una legge che nei fatti vorrebbe non fosse mai punita nessuna reazione violenta, per quanto sbagliata, sproporzionata e fuori luogo, da parte di quanti intendessero difendersi da intrusioni ladresche, tentativi di rapina e quant’altro. Tutto questo all’insegna, più o meno dello slogan: a casa mia comando io e faccio ciò che voglio. Per quanto costoro si studino di far passare il messaggio contrario, di fatto, ciò che propongono è una giustizia fai da te che farebbe retrocedere il nostro Paese ai tempi bui di quando non era stata ancora raggiunta la coscienza che la violenza necessaria, da usarsi con scienza e moderazione, per contrastare quanti infrangono la legge e la convivenza civile deve essere in capo allo stato. Nessuna insufficienza, inadeguatezza, manchevolezza in fatto di tutela delle persone e dei loro beni, da parte degli organi preposti a questo, a mio giudizio, giustifica il farsi giustizia da sé. Tanto più se il farsi giustizia da sé implica la morte del reo e la violenza viene agita per difendere un bene materiale, non la propria vita. Pur con tutta la comprensione umana del caso, e senza voler giudicare delle intenzioni dell’interessato, se io abitassi a Gugnano non avrei sottoscritto l’appello di sostengo nei confronti della persona che ha ucciso il ladro. Stando alle notizie di stampa di oggi, pare che soltanto ora si renda conto della gravità di quanto fatto e continui a rammaricarsi di essere sceso da basso nel bar anziché limitarsi, come avrebbe potuto fare, a chiamare le forse dell’ordine. Io credo sia del tutto sincero. Non ho motivo per dubitarne, e qualora per la legge dovesse risultare colpevole, non gli auguro nel modo più assoluto il carcere. Magari una qualche sanzione sì, ma il carcere non servirebbe a nulla. La consapevolezza di avere ammazzato una persona credo sia già una pena più che sufficiente e che peserà a lungo sulla sua coscienza.