Ci siamo giustamente indignati per i muri e i reticolati di filo spinato che sono fioriti un po’ ovunque in Europa, all’insegna del “fuori di qui!”, rivolto ai migranti, ai rifugiati, ai richiedenti asilo che premevano e premono lungo i vari confini.
Noi italiani andiamo fieri, anche qui, giustamente, per quanto fatto e stiamo facendo per salvare quanti, in mare, rischiano di affogare (e purtroppo troppe volte affogano realmente) nel tentativo di sbarcare sulle nostra coste dopo pericolose attraversate di quel braccio di mare un tempo chiamato “nosrtum”. Ma non tutto è bianco o nero, nemmeno da noi. Insufficienze, carenze e, talvolta perfino lucrose speculazioni in ordine alla gestione dei migranti, del loro inserimento, della loro accoglienza si sono palesate e si manifestano anche nel Bel Paese. Quanto ai muri, non potendoli erigere come in altri stati, avendo per confine il mare, ecco che pratichiamo altre strade. Meno manifeste, meno clamorose, ma che se attuate finirebbero con il danneggiare in modo altrettanto rilevante migliaia di persone. È una preoccupazione veritiera, ben fondata, quella di tante ong internazionali, per il piano che l’Europa intende sottoscrivere con la Libia, in funzione anti immigrazione. Non possiamo sottacere il fatto che la Libia, attualmente, non è un paese stabilizzato. Ha due governi che si contendono il potere, ed è un paese che non è in grado di rispettare i diritti umani. Come sempre paiono prevalere interessi diversi dal bene concreto, tangibile delle persone. Anziché intervenire sulle cause che costringono a percorsi di morte migliaia di persone, certamente difficili da aggredire, ma possibili, si preferisce rifilare lustrini, nel tentativo di tacitare le coscienze, sopire le paure. Ma quanti scappano da morte certa, nella speranza non infondata di pervenire a un domani migliore, continueranno il loro esodo, nonostante gli steccati frapposti sul loro cammino.