Ora che gli effetti del “nuovo conflitto globale in atto a pezzetti”, come ebbe a definirlo papa Francesco dal suo ritorno dalla Corea, si fanno sentire con cadenza quasi quotidiana, da noi, in Europa, forse possiamo farci un’idea di che significhi vivere segnati dalla violenza quotidiana.
Dovrebbero rappresentare una spinta forte al cambiamento; (a una vera conversione, metanoia) a un cambio di mentalità in grado di traghettarci verso soluzioni pacifiche dei molti conflitti in atto. Pensare, come fanno ancora in tanti, che la soluzione consiste nell’inasprimento degli stessi e nella reazione scomposta, non meditata, agli atti di terrorismo di questi giorni, imboccando la strada apparentemente più sbrigativa e risolutiva della escalation della violenza, non potrebbe sortire che un futuro minaccioso e terrificante per tutti. Oggi più che mai c’è bisogno di nervi saldi, capacità di analisi approfondita e capacità di risposte mirate atte a garantire, per quanto possibile, l’incolumità di tutti e di ciascuno, ma anche la capacità e lo sforzo di saper distinguere, rifuggendo da risposte semplificate che inducano a una contrapposizione tra “noi” e “loro”, dove per loro si intende tutti quanti professano un altro credo (in questo frangente, gli islamici) o parlano un’altra lingua, hanno un’altra cultura, non sono riducibili a “un uno” indistinto, più immaginato che esistente e nemmeno auspicabile. Sarebbe irrealistico, stante la situazione mondiale globale, ipotizzare per noi, e solo per noi europei, una facile pace e tranquillità come ci eravamo illusi di poter godere. Possiamo attardarci a rappresentarci un futuro sempre più fosco, rinunciando a vivere, chiudendoci in noi stessi, auspicando misure sempre più severe, restrizioni sempre più gravi verso nemici veri o presunti, oppure accettare la sfida di vivere il presente difficile e faticoso, impegnandoci perché i rapporti tra le persone e tra gli stati siano sempre più all’insegna del dialogo, dell’incontro, del confronto rispettoso e veritiero nella convinzione che il futuro possibile è, e sarà, quello che noi tutti vorremo costruire e non qualche cosa da attendere che piova magicamente dall’alto. Sia l’una opzione che l’altra hanno dei costi, come ce l’hanno la morte e la vita. Spetta a noi tutti decidere quale scelta operare: la chiusura nella paura o la sfida della speranza in una umanità riconciliata.