Il rischio c’è e concreto; inutile farsi troppe illusioni. I segnali che ci vengono dalle elezioni regionali francesi non sono un buon viatico per questo tempo di crisi. Quando a prevalere è la paura, e le risposte che ne conseguono sono di pancia, c’è da aspettarsi il peggio.
Non si tratta di essere pessimisti, quanto di saper leggere con mente quanto più possibile serena e razionale gli avvenimenti in corso. Certo, timori e paure sono comprensibili in tanta gente, tanto più che sono quotidianamente rafforzate da quanti hanno tutto l’interesse a sollecitarle. Proprio per questo è più che mai urgente stemperarle e per farlo non bastano le parole ma atti concreti, anche a livello politico e di governo capaci di mostrare che i timori e le paure si possono e si devono vincere non mediante chiusure, innalzamento di barriere e confini, ma aprendosi con fiducia ai cambiamenti richiesti, non fuggendo dalla fatica del dialogo, del confronto, del fare assieme. «Il nostro dovere – ha detto papa Francesco a Firenze – è lavorare per rendere questo mondo un posto migliore e lottare. La nostra fede è rivoluzionaria per un impulso che viene dallo Spirito Santo. Dobbiamo seguire questo impulso per uscire da noi stessi, per essere uomini secondo il Vangelo di Gesù. Qualsiasi vita si decide sulla capacità di donarsi. È lì che trascende sé stessa, che arriva ad essere feconda». Purtroppo anche tra molti credenti prevalgano in questo momento atteggiamenti di chiusura, piuttosto che di uscita da se stessi e di coraggio rivoluzionario dettato dalla fede. L’illusione che risieda nella chiusura identitaria, nella ricerca a tutti i costi del nemico, del capro espiatorio la soluzione ai molteplici problemi che contrassegnano questi nostri giorni turbolenti è davvero molto grande, e la politica scoordinata di un’Europa che appare inesistente, incapace di offrire risposte intelligenti, sul piano economico, sociale, dei diritti e dell’inclusione di migliaia di persone sempre più abbandonate a se stesse, prive di futuro, non fa che acuire ancor più il senso di frustrazione e sfiducia, spalancando le porte al vento che diverrà sempre più impetuoso della reazione. Le forse oscurantiste in uno scenario come quello attuale hanno facile gioco. Il rischio di cadere vittime di una ideologia che punta a dividere, a contrapporre gli uni gli altri, ad eccitare gli istinti peggiori non è privo di fascino, per troppi, in questo momento. A me pare che la via di uscita dal pericolo di andare a sbattere risieda ancora in quanto raccomandava papa Francesco a Firenze: «Ricordatevi inoltre che il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà. E senza paura di compiere l’esodo necessario ad ogni autentico dialogo. Altrimenti non è possibile comprendere le ragioni dell’altro, né capire fino in fondo che il fratello conta più delle posizioni che giudichiamo lontane dalle nostre pur autentiche certezze. È fratello». La speranza non riposa su sentimenti acquiescenti; richiede impegno fattivo, capacità di rischiare, volontà di operare sapendo anche andare contro corrente.