No, Dio non è grande (sterminato/sterminante). Non della grandezza che gli attribuiscono gli assassini che al grido di “Allah è grande” hanno sparato in Francia su vittime innocenti mossi da odio profondo per tutto ciò che non è loro affine.
L’invocazione blasfema che ha sovrastato le grida di terrore delle vittime non è diverso dal “Gott mit unst” di triste memoria e del “Dio lo vuole” dei secoli passati. Qualunque siano le ragioni più prossime e quelle più remote che hanno spinto a uccidere in nome di Dio, sappiano costoro che Dio non sta dalla loro parte. E se non può stare – come è facile immaginare pensino – dalla parte di quanti identificano come nemici, c’è un ambito nel quale certamente è presente sempre, anche se muto, ferito, smarrito, sanguinante: quello delle vittime, siano esse francesi, siriane, libanesi, nigeriane o di altro paese. Si deve partire da qui, da questa constatazione, perché anche noi non si smarrisca l’intelletto, lasciandoci travolgere da risposte emotive che indurrebbero a imboccare la strada senza uscita dell’occhio per occhio, dente per dente, scaraventandoci dentro un conflitto senza precedenti. La democrazia è fortemente in pericolo in questo momento e non è da escludere che l’opinione pubblica, frastornata e impaurita, sia tentata, più che in passato, di rifugiarsi in false sicurezze dando maggior credito alle forze più reazionarie e retrive, politicamente, che come avvoltoi già si avventano su tutti noi invocando misure drastiche volte a restringere spazi di diritto e democrazia. Se è doveroso che lo stato, in tutte le sue compagini, sappia e debba reagire per prevenire il ripetersi di simili barbarie, è altrettanto vero che dobbiamo persuaderci che non sarà facile né indolore il futuro che ci attende. Che a tutti noi è richiesto di farci carico di un cambiamento in grado di traghettarci verso un futuro di pace. Non è pensabile poterlo conseguire senza la volontà di disarmare in primo luogo le coscienze, ribadendo che la divisione non è tra religioni, filosofie, modi di vivere e intendere la vita, etnie e popoli differenti, ma tra quanti intendono perseguire la convivenza pacifica, solidale e positiva tra diversi e coloro che la diversità la vogliono usare per innalzare barriere, steccai, confini, contrapposizioni in nome di una identità vissuta come contrapposizione e negazione dell’altro. Con l’arcivescovo di Parigi, card. André Vingt-Trois, «Chiediamo la grazia di essere artigiani di pace. Non dobbiamo mai disperare della pace, se si costruisce la giustizia».