Mi tocca il cuore e mi commuove vedere l’impetuoso moto di solidarietà che si è sprigionato anche questa volta, dinanzi al terremoto che ha colpito il Nepal.
È cosa che fa sperare e ritenere che la nostra Umanità possa salvarsi, abbia dentro di sé gli anticorpi per saper reagire al male. Al netto degli sciacalli che sempre si accalcano in simili circostanze, non c’è dubbio che in genere le catastrofi naturali abbiano quasi la magia di farci sentire tutti ugualmente fratelli. Si accorre da ogni parte del mondo e i vari Paesi pare facciano a gara per offrire il proprio contributo. Non voglio neanche pensare, in questo momento, che dietro l’onda imponente degli aiuti, si possano nascondere interessi opachi, inconfessabili. Non sono tanto ingenuo da pensare che sia tutto buon cuore solidarietà, disinteresse. Certo che no. Ma oso immaginare, anzi, ne sono quasi certo, non da parte di quanti accorrono a portare sollievo, curare i feriti, diseppellire i morti. Mi chiedo: allora si può. Si può essere molto diversi da come tante volte ci raffiguriamo e da come purtroppo ci mostriamo in tante altre contingenze. Cos’è che ci impedisce di esserlo sempre? Dove si nasconde tanta umanità così prorompente, nei giorni ordinari del nostro vivere? Perché è tanto silente? Voglio credere che in altri momenti non cessi per niente, anche se pare muta. Che operi senza clamore, sempre e che sia ciò che sorregge ancora il nostro vecchio mondo, impedendogli di sprofondare.