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Piergiorgio

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A don Dante K2_UNPUBLISHED

Tutto somiglia, nel ricordo,

a quel che capita,

quando ci si innamora.

Non so se  fosse scritto in cielo,

oppure altrove,

tra stelle perse

nell’ampio firmamento.

Tu, come il mare che non ha limiti,

se non sull’altra sponda,

ed io che somigliava,

a un semplice ginepro di montagna;

con poche bacche

e tante spine al vento.

Quel che cercavo,

mi stava ora di fronte:

in quel rifugio di fortuna,

nella tua barba da profeta antico,

nel  tuo sorriso buono e scanzonato,

nell’ampia cerchia di fratelli,

che rosicchiavano alla vita

l’avventura.

Fu intesa subito,

ad abbracciare il sogno

che era pur grande,

e mai del tutto detto;

solo intuito.

A tratti praticato con sgomento,

e tanta gioia semplice nel cuore,

e anche inconsapevole cimento.

Il camminare tuo, ora, è più lento.

La vita ti ha provato in ogni cosa.

A tratti, somigli un poco agli alberi

squassati da tormenta,

inerpicati su per alta roccia,

che paiono sfidare ancora il tempo.

E come quegli alberi forse ti cruccia,

nell’intimo del cuore, ugual tormento:

sentirsi ancora utili a qualcosa.

E questa è solitudine davvero,

affatto sterile, anche se dura.

Purché coltivi la memoria del futuro,

la vita spargerà in abbondanza,

i frutti seminati con fatica,

in questo autunno

che è per te la vita.

Io ti conosco poco, al par di ogni uomo:

ti ho visto piangere, gioir davvero,

ed arrabbiarti anche, perché sei vero.

Conosco di te una cosa certa:

la generosità che si fa dono.

E un limite, che ti fa fragile,

nel tuo apparire senza bisogno,

mentre dissimuli,

sotto una dura scorza,

una domanda  antica come l’uomo:

l’esser amato per davvero

da qualcuno.

Son partiti

i giganti,

come piante abbattute

dal tempo,

squassate da mille

tormente.

Profeti di un cammino

che viene,

ci lasciano,

come soffio di vita,

le lor gesta

le loro parole,

a indicarci un percorso

che sia fatto

per l’Uomo.

Non so se fossi prete

o più operaio.

Io ti ricordo  nel più

composito

preteoperaio.

Ed eri semplice

e saporito come il pane

E ti spezzavi,

come quello,

un po’ per tutti,

senza far grandi

distinzioni,

così come sa fare

ogni pastore,

che al gregge

non faccia da

padrone.

Nel sonno,

senza rumore alcuno

hai salutato,

e sei partito per il Regno

tutto solo.

Di là ci attenderai,

ne sono certo,

col tuo sorriso buono

come facevi qui

già con ciascuno.

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Festa dei Popoli K2_UNPUBLISHED

Colori vivaci

composite

lingue

culture diverse

e mille colori,

sotto un unico cielo

che è un canto

di luce

Prorompe

di gioia

il mio cuore.

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A mio padre K2_UNPUBLISHED

Il passo era

stanco,

l’animo lieto,

nel vederci

bambini

correrti incontro.

Eri uomo davvero

speciale.

Rotto ad ogni

fatica,

le mani callose,

il cuore aperto

per tutti.

A tavola sedevi,

da re,

su un umile

sedia,

ed eri per tutti

un conforto.

Crescendo,

pensai: non è vero!

Avevo bisogno

di spazio,

di un’arena

più grande

in cui misurarmi.

L’ho fatto e rifatto:

ora ho perso,

ora ho vinto;

son cresciuto

più uomo.

Tu,

intanto,

hai lasciato;

sei partito per l’ultimo

approdo.

Come al bar,

la domenica,

ti ha tradito l’ultima mano,

nel gioco alle carte

che è la vita.

Quando a sera

talvolta da solo,

mi abbandono

al ricordo,

e furtiva

giocosa

una lacrima mi appare

sul viso,

le tue mani callose,

mi stringono ancora

a ristoro.

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Amico K2_UNPUBLISHED

Per strade sconosciute,

ad un crocicchio

della vita,

quando il cammino

si è fatto corto,

e manca il fiato,

sei arrivato tu,

col tuo sorriso,

a ridipingere di blu

l’arco vitale.

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Voci K2_UNPUBLISHED

Martellano insistenti,

arrovellano la mente,

dipingono il mio

Volto:

di smorfie e di sorrisi.

Le mani le accarezzano;

le scacciano;

disputano afferrandole,

oppure le allontanano,

lasciandomi spossato.

Sono presenze scomode

che affollano i miei giorni;

son come pioggia insipida

raggi di sole smorto

guizzi di pesce viscido

morso di serpe infida.

… Poi mi accarezza il vuoto;

languido mi ristora

come fatal sorriso,

di dama a cavalier errante…

Dentro la mia armatura,

attendo nuovamente

il Drago…

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Tunisi chiama il Cairo K2_UNPUBLISHED

È fuoco che divampa dal cuore.

È speranza che aleggia

dal cielo

e che nasce da vicoli stanchi, affamati

privati di senso e futuro…

 

… È richiesta di vita!

È desiderio vigoroso di poter finalmente

CONTARE.

Non esser più SUDDITI, ma CITTADINI

sovrani

 

È richiesta di assidersi al tavolo

dove serve Dignità,

Uguaglianza, Giustizia.

 

È domanda, richiesta, di rimettere

al centro ancora l’Uomo,

deponendo i potenti dai troni.

 

È un canto antico, eppure sempre

nuovo;

un canto di migliaia di giovani voci

represse, intimorite, zittite nel sangue,

ma non dome.

È un canto che ha nome

LIBERTÀ.

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Le luci della città K2_UNPUBLISHED

Viste da quassù,

la casa dei casini, al lume di candela,

in questa notte oscura, con poche stelle

in cielo,

sembrano parlarmi …

Narrano di casa mia; quasi una ninna nanna,

che non addormenta il cuore.

Scorgo, attraverso il velo,

di lacrime silenti,

i visi dei mie cari, quello del mio bambino.

La strada che ho percorso,

è stata fin qui in salita …

… Forse sarà domani, o dopo domani ancora,

ma il giorno del mio riscatto,

mi attende laggiù è certo;

è mio convincimento.

Gioverebbe, ora, un the caldo;

un abbraccio consolatore … o anche …

una carezza.

Mi basta questa coperta; ruvida e opprimente.

Grigi e indigeribili, sono anche

i coinquilini.

Bestemmiano per il freddo;

bevono per riscaldarsi.

Siamo un’umanità dolente,

intenti a rosicchiar la vita.

La fiamma della speranza,

piccola lingua di fuoco,

qualcuno ce l’ha nel cuore,

qualche altro, … l’ha ormai smarrita.

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Io, l’altro K2_UNPUBLISHED

Altro da te e altro per te,

come lo sei anche tu per me;

solo che non ci pensi.

E sono quello che definisci senza:

senza dimora

senza domicilio

senza relazioni

senza legami.

Io sono stato sbattuto

dentro questa vita;

e mai ricevuto, accolto, accompagnato.

Il male oscuro, quello che mi

attanaglia,

si chiama mancanza di legami.

Sono quei nessi, quei nodi,

quei collegamenti,

che a te permettono

di diventare umano:

sono attenzioni,

premura, fiducia,

riconoscimento, stima, affetto:

… sono carezze; sono… sorrisi.

 

Sono ricordi, qualche volta;

e qualche altra, lacrime e lamenti.

O anche imprecazioni,

mentre, avvolto dentro il mio cartone,

guardo su in cielo,

le stelle che mi fan soffitto…

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