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Ultima modifica Martedì 28 Aprile 2020 05:38
28 apr 2020
IO SONO IL PANE DELLA VITA
Scritto da Piergiorgio |
Letto 1418 volte | Pubblicato in Sulla tua parola
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Io sono il pane della vita (Gv 6,30-35)

30 Allora gli dissero: "Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai?

31 I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo". 32 Rispose loro Gesù: "In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33 Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo". 34 Allora gli dissero: "Signore, dacci sempre questo pane". 35 Gesù rispose loro: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!

Il pane del cielo, quello vero, afferma Gesù, rivolto ai suoi interlocutori, non è Mosè che ve lo ha dato, ma è il Padre mio che ve lo da. Poi precisa che il pane della vita è lui stesso e che “chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai”. Liberiamoci dall’idea che l’unico modo di nutrirci di Cristo sia fare la comunione, come pare pensino in molti in questi giorni nei quali inizia a divampare la polemica attorno al divieto che permane di celebrazioni religiose, comprese le messe. Magari tra i promotori di petizioni che girano in rete, che chiedono a gran voce che il governo ci ripensi, ci sono proprio quelli che dinanzi alla prospettiva di possibili ordinazioni presbiterali di uomini sposati, come richiesto nel recente sinodo sull’Amazzonia, sono stati i primi a innalzare barricate, segno che a costoro poco importa davvero della centralità, per la vita cristiana, dell’Eucarestia. Importa molto di più difendere un’idea della stessa che il suo valore e il suo contenuto. Confesso che a me manca la celebrazione dell’Eucarestia, ma non mi mancano certe celebrazioni dell’Eucarestia. Detto questo, se questo tempo di forzato digiuno dalla celebrazione comunitaria, a noi cristiani non ha insegnato a saper celebrare e gustare la Parola in famiglia; trovare il tempo per approfondirla, aprire gli occhi sui bisogni vicini e lontani dei fratelli che sono nel bisogno e nella sofferenza, allora siamo da compatire. Significa che forse sappiamo cosa significa “prendere le messa” come si diceva un tempo, ma non che significa celebrare l’Eucarestia. Se le cose stanno così, meglio, molto meglio che il digiuno perduri ancora per qualche tempo.

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