Si è chiuso un capitolo, è del tutto evidente, ma anche un’ epoca? E soprattutto, siamo così sicuri che sia finito il berlusconismo? C’è da dubitarne. Non solo per i rancorosi propositi che hanno espresso ed esprimono quanti, a torto, si sentono fraudolentemente privati del proprio idolo dentro le istituzioni,
ma in special modo perché non è venuta meno, anzi, forse si è rafforzata, una visione della vita, della società e delle istituzioni che al modello berlusconiano si ispira o dal quale trae in qualche modo ancora nutrimento. Lo certificano i tanti episodi di mala politica che la cronaca ci rimanda in continuazione e che pare non salvare proprio nessuno. Allora, se ci attardassimo a festeggiare perché finalmente è arrivata a conclusione una vicenda che avrebbe dovuto chiudersi già da tempo, se solo fossimo un Paese normale, penso che sbaglieremmo obiettivo. Certo, la decadenza da senatore di Berlusconi era un atto dovuto, ed è bene che sia stata sancita nell’osservanza e nel rispetto della legge che la prevede. Erano pure da mettere nel conto le resistenze, le opposizioni “convinte” o strumentali; gli strilli e gli strepiti dei vari supporter che dalla caduta dell’idolo avevano tutto da perdere a cominciare dalla loro manifesta inconsistenza. Ecco il perché di tanto strepito tra di loro. Che altro avrebbero potuto fare? Per un’idea, un ideale ci si può spendere fino a dare la propria vita, se serve, e quindi accettare anche di perdere, al momento, senza disperare. Ci penserà la storia a riabilitare quanti lottano per qualche cosa che è giusto, valido, onesto meritevole, stimabile. Ma quando, come nel caso specifico, sono gli imbrogli, i reati, il tornaconto personale, a motivare le scelte e lo schierarsi, basta e avanza la cronaca, che è sempre poca cosa e lo capiscono, pur non dandolo a vedere, anche gli interessati. «Le conseguenze per chi idolatrizza la creatura» scrive il teologo jon Sobrino, «sono la sua stessa disumanizzazione». Non è forse questo che è avvenuto? Non è forse questo che avviene anche in tanti che sono corsi e corrono dietro a Berlusconi, a prescindere da ogni valutazione o giudizio di merito? Ho sempre creduto e credo fermamente che si possano nutrire idee molto diverse e anche contrapposte in politica; tutte legittime, almeno fino a quando sono rispettose delle leggi e della Costituzione. Questo però non dovrebbe impedire a nessuno di conservare anche verso la propria parte e i rappresentanti della propria parte politica (questo vale per tutti, nessuno escluso), capacità critica; che poi significa semplicemente avere una propria coscienza e di conseguenza poterla e saperla adoperare quando si è chiamati ad esprimere un giudizio. Il più delle volte non funziona così; prevalgono interessi inconfessabili ammantati con motivazioni eleganti, dignitose, nobili, buone soltanto per confondere gli allocchi. Poi ci sono coloro che la testa e la coscienza non la esercitano proprio, preferendo di gran lunga avvalersi del giudizio di altri, eletti a loro “consiglieri spirituali”. Sono persone che hanno rinunciato a pensare. Sono le più pericolose perché si fanno guidare dagli istinti; dalla parole d’ordine, dal fanatismo. Il fanatico, si sa, è mosso da intolleranza verso qualsiasi altra posizione. Con lui il dialogo pare davvero impossibile. Probabilmente ha ragione lo scrittore Amos Oz, quando afferma che il metodo migliore per combattere il fanatismo è usare l’umorismo. Il fanatico si prende troppo sul serio, non è capace di scherzare e di relativizzare le cose. Generalmente non è dotato di autoironia, né della capacità di cambiare. Crede, o mostra di credere di aver sempre ragione; che la verità sia dalla sua parte. Mettersi nei panni dell’altro, per lui è un’impresa impossibile. Tentare di capire il punto di vista dell’altro, gli appare un tradimento. C’è un solo modo per farlo uscire di senno; spiazzarlo con l’ironia. Credo che dovremmo imparare a guardare anche i fanatici con empatia; ne hanno un estremo bisogno. Solo in questo modo possiamo forse aiutarli a convincersi che avere idee diverse, anche profondamente diverse, e comprenderle, pur non condividendole, non significa per questo rinunciare alle nostre. E neanche pretendere che gli altri facciano loro le nostre di idee. Cosa che invece pretendono i fanatici che amerebbero vedere tutti allinearsi alle loro. Non per niente hanno bisogno di un capo che li comandi, nel quale identificarsi senza se e senza ma, non di un leader che si può benissimo anche cambiare senza che caschi per questo il mondo. Per il fanatico ci sono sempre due opinioni: la sua e quella sbagliata! (Roberto Benigni, L'ultimo del Paradiso, Rai 1, 2002)