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04 feb 2020
FIGLIA, LA TUA FEDE TI HA SALVATA
Scritto da Piergiorgio |
Letto 1630 volte | Pubblicato in Sulla tua parola
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Figlia, la tua fede ti ha salvata (Mc 5,21-43)

Cos’è la fede? In questo lungo brano del vangelo odierno, ricco di spunti di riflessione, a me pare che uno dei tanti possibili sia quello che gira attorno al concetto di fede.

Sono molte le risposte possibili alla domanda su cosa s’intenda per fede e con ogni probabilità non tutte quelle che possono essere date sono necessariamente giuste. Da una parte abbiamo il padre di una ragazza, Giairo, capo di sinagoga, che si getta ai piedi di Gesù chiedendo che intervenga a imporre le mani alla figlia che sta per morire; dall’altra abbiamo una donna tra la folla che segue Gesù che nemmeno si permette di farsi avanti a chiedere di essere aiutata ma che, con estrema fiducia, compie un gesto, per quel contesto, imperdonabile: tocca il mantello di Gesù, nella certezza che questo basti a guarirla dal suo male. Toccare il mantello corrisponde a toccare il corpo di una persona e la donna lo fa sapendo che sta per compiere un gesto “sacrilego” perché impura a causa delle perdite di sangue di cui soffre. Ma Gesù, sentito che una forza è uscita da lui cerca il suo sguardo, non per rimproverarla ma per lodarla per la sua fede. La chiama addirittura figliola; un termine che racchiude un sentimento di tenerezza. Ciò che per gli astanti poteva essere giudicata un’azione riprovevole per Gesù è segno concreto di fede. Allora cos’è la fede? È forse un lambiccarsi il cervello alla ricerca di spiegazioni di carattere filosofico o non piuttosto un consegnarsi fiduciosamente tra le braccia di un Padre amante della vita e desideroso di accoglierci così come siamo, per niente diffidente verso di noi creature fallibili e piene di limiti e difetti. A Giaro, al quale nel frattempo è giunta notizia che la figlia è morta e che non vale la pena continuare a disturbare il maestro, Gesù rivolge l’invito a non avere timore e continuare ad aver fede. Anche a noi è chiesto di non lasciarci sopraffare dal turbamento quando la vita ci riserva amare soprese, difficoltà, dubbi, ma continuare a nutrire fiducia nel Padre che ha sempre comunque cura di noi. Cosa non facile, certo, ma non impossibile se solo non lasciamo che, non tanto il dubbio, quanto la disperazione si faccia strada dentro di noi. Forse la definizione migliore di disperazione la fornisce la scrittrice Dorothy L. Sayers, definendola «il peccato di non credere in nulla, di non curarsi di nulla, di non interessarsi di nulla, di non interferire in nulla, di non godersi nulla, di non odiare nulla, di non trovare scopo in alcunché, di vivere per niente e restare vivi soltanto perché non c’è alcun scopo per cui morire». Al contrario la fiducia, la speranza si nutrono della capacità di credere nel bene, del prendersi cura di se stessi e degli altri, di vivere avendo uno scopo e camminando assieme agli altri.

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