Venite dietro a me (Marco 1,14-20)
Siamo tutti dei chiamati, e per nome, anche se non è sempre facile sentire la voce di Dio che generalmente non si manifesta tramite teofanie spettacolari, ma piuttosto con voce che assomiglia al sussurro di brezza.
Nemmeno i primi discepoli, io credo, si sono precipitati a seguire Gesù così immediatamente come potrebbe far supporre il testo del vangelo di oggi che è più inteso a presentare la necessità di una risposta immediata e radicale che non a descrivere quanto storicamente avvenuto con Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni. La cosa certa è che il Signore chiama a seguirlo stando dietro di lui e non a volerlo precedere o addirittura guidare come pare voler fare Pietro in altro momento. E lo stare dietro il Signore significa essenzialmente calcare le sue orme. Ovvero fare quanto lui ha fatto: farsi dono agli altri, operare per il loro bene e la loro felicità piuttosto che per la nostra. Per poterlo fare dobbiamo imparare a comprendere innanzitutto che noi siamo amati per primo da lui. Solo a partire da questa consapevolezza – di tipo vitale più che intellettuale – ci sarà possibile divenire a nostra volta capaci di donazione vera nei confronti degli altri.