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Piergiorgio

Piergiorgio

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Clochard K2_UNPUBLISHED

Stavi seduto lì

su quella panca,

l’ultima cosa

che avevi scelto

tu.

La vita,

le staffilate sue,

aveva inferte

sopra quelle tue,

mischiandone

i contorni.

E nella mente tua

non si marcavan più

le differenze,

fra queste e quelle

Così interrogavi me,

quasi responso,

chiedendo:

sei diventato uomo tu;

ora dì, come?

E io tacevo,

con rispettoso ascolto,

e mi chiedevo,

non senza turbamento,

chi fra noi due

lo fosse per

davvero.

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Beslan K2_UNPUBLISHED

Con urlo straziante

e doglie possenti,

ha partorito, la Terra,

un mostro ingombrante

che al Cielo protende

artigli feroci.

Se neanche più i bimbi

son figli di tutti,

come, ancora sperare?

E’ muto il dolore,

né può essere altro,

per oltraggio

si tanto.

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Profughi K2_UNPUBLISHED

Sputati

dal mare

come

vuote

conchiglie,

s’ammassano

stremati

su spiagge

deserte.

Son figli

perduti

per causa

del Drago:

il neoliberismo.

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Rom K2_UNPUBLISHED

Siete rimasti gli unici a dirvi uomini;

uomini soltanto.

Uomini senza alcun altro orpello,

o titoli altisonanti e tronfi.

Uomini soltanto, e basta; come ci ha visti Dio.

Come eravamo tutti, all’alba della vita.

 

E questo ci fa paura…

Guardandovi negli occhi, ci scopriremmo nudi:

fragili, poveri e bisognosi.

 

Allora vi cacciamo via,

verso un qualunque altrove…;

proscritti dalle nostre strade

espulsi dalle città.

Lontani dalla nostra vista;

… lontani anche dal cuore.

 

Noi non vogliamo chiedere!

 

Noi non tendiamo la mano!

 

… Noi, non ne siamo capaci...

 

Abbagliati dai molti beni,

abbiamo indurito il cuore;

per voi non palpita più.

 

Computando la nostra ricchezza,

lesinando sul vostro futuro,

vagheggiamo un domani tranquillo,

recintato, fatto solo per noi.

 

Noi, svuotati recipienti d’umano,

che ingrassiamo la vista

con fasulli luccichii evanescenti,

siamo come conchiglie

che non riecheggiano più il mare.

 

Al seguito dei vostri vuoti fagotti,

andando respinti,

portate ciò che rimane,

della nostra perduta

umanità.

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Giornata della memoria K2_UNPUBLISHED

Volano corvi

nel cielo ferrigno d’inverno;

paiono, strappi, rattoppi,

in un panno lasciato guastare.

 

Nel vento corrono esili voci

di memorie lontane,

come luci smorzate dal buio.

 

Ora sono preghiera,

domanda;

grido d’ aiuto.

 

Implorano di non  scordare.

 

Di nuovo risuonano passi marziali

di stivali ferrati:

sbandati in angoli oscuri,

coscienze assopite,

genti confuse che stanno

a guardare.

Anche oggi;

come sempre;

… come allora.

 

Il morbo maligno, mortale,

si ammanta con parole d’onore:

sicurezza, giustizia, diritto, decoro.

 

Si diffonde; alligna nel corpo,

nella mente  di tanti.

 

Quanto è scarsa, di breve durata,

la memoria.

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La luna non può K2_UNPUBLISHED

Nascosta da nero sudario di nubi,

la luna non può più sorridere in cielo;

né cantare, stanotte.

Nasconde smarrita il suo viso,

come madre che piange la prole.

Nicolae, Michail, Mohamed,

solo per dirne qualcuno tra i tanti.

S’arrabattano a morsicare, alla vita,

un tozzo di pane, che spesso è raffermo,

Fuori luccicano infinite vetrine

straripanti di doni ammuffiti

ricoperti di solipsismo sprecone.

Ed è notte.

È più buio e intirizzito il cuore di molti,

che ai giardini, negli anfratti, in case vuote,

le membra di quei figli,

che veglia dall’alto.

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Attesa K2_UNPUBLISHED

Ancora non piangono,

i rami spogli,

agitati dalla brezza del mattino.

Le gemme faticano

a mostrarsi col sorriso

che il sole induce, a tratti,

annunciando nuove albe.

 

Il torrente rumoreggia,

ma giunge afono

più a valle,

dove incontra la corrente

che fa fiume…

 

Là, il vociare si confonde;

e nel flusso disinvolto,

che tutto quanto inghiotte,

si livella ogni acqua...

 

Non di meno è assetata

questa martoriata Italia…

Lo si avverte in ogni dove;

lo si coglie in ogni strato…

in ogni classe,

in ogni gruppo…

 

Cosa serve alla riscossa?

A una nuova primavera?

Il coraggio di osare;

… forse.

Forse manca la speranza…;

forse un sogno condiviso,

da sognare

ancora in tanti.

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Inazione K2_UNPUBLISHED

Non c’è vela, né vento,

nell’assonnato porto

del mio cuore.

Non c’è voce

ad incitare,

a riportarmi ancora

al largo,

sulle onde…

Come accadeva fino a ieri….

Sarà bonaccia ancora a lungo?

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Se non ora, quando? K2_UNPUBLISHED

Risuona di città in citta

un grido

che impegna a risposta

immediata: adesso!

Adesso, vogliamo cambiare!

Adesso, vogliamo serietà!

Adesso, vogliamo onestà!

… Adesso, non vogliamo trastulli;

pochezza di pensiero,

luccichii per imbonirci

come tonti.

Adesso, vogliamo dignità;

legalità e giustizia uguale per tutti.

Adesso vogliamo riappropriarci

di giorni fin troppo piegati

a interessi meschini;

di parte,

per poche persone.

Adesso, vogliamo contare,

sfrattando il Sultano dal trono

su cui si è installato

e tutti i suoi prosseneti.

Adesso, vogliamo un Paese

normale,

non più barzelletta del mondo,

e un futuro a cui affidare

speranze

e non più illusioni deformi.

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Autunno K2_UNPUBLISHED

Dal velato nembo

lassù in alto,

piovono sottili, finissime lacrime,

e grondano, con le voci del mondo,

sulle foglie grigioverdi, color ruggine,

dei platani lungo il viale.

 

Inzuppano ombrelli, frettolosi passanti,

si adagiano leggere

sull’erba che par

morta.

 

Corrono, saltellano, allegre

sull’asfalto,

giocano a rimpiattino,

tra ruote un po’villane.

 

Rimandano all’orecchio

l’eco di mille voci:

alcune sono roche, altre addolorate;

qualcuna un poco garrula, altra è

stralunata.

 

È pianto del mondo intero,

di uomini sfiduciati;

di giorni faticosi,

di orizzonti negati,

 

… futuro che pare rapito, di grande

inumanità.

 

Un bimbo gioca pestando

l’acqua nella pozzanghera;

schizza chi gli sta attorno,

poi,

sorridendo felice, interroga con il suo sguardo:

Non vedete il sole nascosto?

E neppure l’arcobaleno?

L’uno e l’altro, sono dentro

di me.

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