Quanto avremmo bisogno anche noi di udire lo stesso annuncio dell’Angelo ai pastori, quel “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”.
Ma più ancora, quanto sono numerosi i bambini, le donne e gli uomini che avrebbero bisogno del medesimo annuncio di gioia, capace di aprire loro orizzonti di giustizia, di pace e di vita buona. È immensa la moltitudine di quanti sono ancora immersi nella notte tenebrosa di un esistere che è un trascinarsi doloroso verso sbocchi di vita inaccessibili perché difesi con le unghie e con i denti di egoisti privilegi, di paure, indifferenze e vigliacche frivolezze. Inquietaci Signore, non dare tregua ai nostri sonni fino a quando, noi, e non altri, sapremmo farci carico del dolore di ogni creatura che implora vita, che giace al freddo in campi di fortuna, che è racchiusa in lager lontani dai nostri occhi, che giace in prigione, che ha perduto il lavoro e la dignità, che è oltraggiata, disconosciuta nel suo essere umano. Soltanto se sapremo riconoscerti in loro ci sarà ridata la speranza di cui abbiamo bisogno per non soccombere schiacciati dal nulla di una esistenza che è soltanto apparenza, priva del tuo Spirito, anche se continuiamo a definirci cristiani. Il segno che il tuo Angelo aveva dato ai pastori, alla tua nascita, eri tu stesso, bimbo fragile come lo siamo tutti, avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia. Simboli entrambi, deposizione e mangiatoia, del tuo essere per gli altri che avresti coronato, dopo una vita fatta dono, con il pane spezzato e la croce. Se sapremo lasciarci interrogare da tutto questo, allora spremo farci prossimo ai nostri fratelli e allora soltanto potremo cantare alleluia.
Buon Natale ai miei quattro lettori!