Senza voler formulare giudizi di sorta nei confronti di nessuno, in questi giorni di smarrimento, angoscia e dolore pare che non poche persone abbiano riscoperto l’importanza della preghiera, anche se alla medesima in genere non dedicano molto tempo, normalmente.
E non è neanche insolito notare manifestazioni di religiosità magico sacrale con l’invito a far girare petizioni da rivolgere alla Madonna o ai santi, quasi fossero formule predisposte per ricevere maggior ascolto in “alto”. Credo che il Padre non si scandalizzi neppure di tutto questo. Siamo umani e pertanto fragili, paurosi e bisognosi di manifestare tutto ciò nel modo che ci appare più “normale” o più istintivo, come fanno i bambini nei confronti degli adulti o dei genitori. Insomma cerchiamo rassicurazione e lo facciamo secondo la capacità di sentire di ciascuno, ma torno alla domanda iniziale: serve pregare? Ogni religione assegna alla preghiera un ruolo importante. Per chi si professa cristiano lo è certamente, tuttavia se vogliamo comprendere il senso più profondo e genuino del pregare non possiamo che fare riferimento al Vangelo e cercare lì le motivazioni, il senso più pieno e pure il modo di pregare. Da Gesù apprendiamo l’importanza di pregare sempre senza stancarci, ma al contempo ci assicura che non dobbiamo fare come i pagani che pensano di essere ascoltati a furia di parlare; anzi, ci assicura che il Padre sa di cosa abbiamo bisogno prima ancora che glielo chiediamo e poi ci invita a cercare prima di tutto il regno di Dio perché tutto il resto ci verrà dato in aggiunta. Lo stesso Padre nostro – considerato la preghiera per eccellenza del cristiano – più che una preghiera (è anche questo, certo) è una accettazione dello spirito delle Beatitudini; quindi un impegno a viverle nella propria vita. Sappiamo che Gesù si ritirava in luoghi deserti a pregare ma non ci viene detto molto di questo suo pregare se non che lo fece certamente in momenti cruciali della sua esistenza terrena. Qualche cosa in più ci viene riferito della sua preghiera nel Getsemani che si risolve in una accettazione onerosa della volontà del Padre, volontà che non consisteva certamente nel volere la sua morte, quanto la sua fedeltà anche nelle circostanze drammatiche a cui lo stava portando la sua scelta di dedizione totale a Dio e agli uomini. Eppure l’autore della lettera agli Ebrei ci assicura che la sua preghiera è stata esaudita (Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito). Parrebbe una contradizione in termini. Anche noi dinanzi al dramma ci troviamo spiazzati e i nostri interrogativi paiono rimanere senza risposta. Forse dipende anche dal fatto che per quanto possa essere acuta la nostra vista è pur sempre limitata, così come ci è precluso comprendere a fondo l’evoluzione della vita umana: i progressi, i regressi, le battute di arresto. In Dio viviamo, ci muoviamo ed esitiamo, afferma l’apostolo Paolo, allora immaginare la preghiera come una supplica rivolta a un Qualcuno che sta in alto, appartato e che ha bisogno di essere implorato in ginocchio, scongiurando la sua benevolenza, forse non è l’atteggiamento proprio del cristiano. Se in lui viviamo ed esitiamo, possiamo pensare che nessuna delle nostre situazioni gli è estranea o indifferente: né la paura, né l’angoscia, né le lacrime, né il dolore e se non interviene in modo magico, come a volte vorremmo, a risolvere i nostri problemi, questo non significa che in lui, attraverso la preghiera umile e fiduciosa, non possiamo trovare la forza, il coraggio e la creatività necessari per saper affrontare al meglio e con esiti positivi anche la situazione attuale che tanto ci inquieta. San Giovanni afferma che Dio è amore: quale evidenza migliore di questa verità nei tanti che si stanno prodigando ad ogni livello per la salute e il benessere di chi è colpito dal Coronavirus e, quando la morte raggiunge i tanti come in questi giorni, le carezze e le premure riservate a questi ultimi da persone estranee, ma per conto e a nome die parenti e dei famigliari, non sono anche queste carezze di Dio? Se dopo una novena o altre pratiche religiose all’improvviso cessasse l’emergenza cosa dovremmo pensare, che chi è perito in precedenza non è stato ascoltato da Dio mentre gli altri sì? Io non riesco a credere in un Dio fatto a nostra misura e che ci serve. Credo in un Dio “inutile” ma che sempre ci è accanto e attende che noi, come lui, sappiamo farci amore per amorizzare il mondo intero. In questo senso ritengo che pregare ci aiuti e sia importante; molto importante. Allora credo che pregare significhi essenzialmente entrare sempre più in profondità in quella realtà misteriosa ma reale di comunione con Dio Amore e farsi comunicazione dello stesso nei confronti degli altri, imparando a oltrepassare ogni tipo di barriera che si frappone tra le persone per concorrere a realizzare fraternità tra tutti gli uomini, le creature viventi e il mondo intero. Io credo che l’amore possa fare miracoli e pure sconfiggere il Coronavirus.