Chi si illudeva di una diversità trentina che avrebbe fatto da argine, in questa tornata elettorale, al vento leghista che soffia forte a livello nazionale, si è dovuto ricredere.
Ci sarà tempo per le analisi e per comprendere le ragioni di una sconfitta in buona parte annunciata. Quello che si può affermare a caldo è che di questi tempi anche l’aver governato tutto sommato bene non è sufficiente per mantenere un consenso che ormai pare basarsi su motivazioni che paiono sfuggire ad un approccio di carattere razionale. Io sono persuaso che a livello locale non abbia vinto la Lega, piuttosto Salvini. E questo lo trovo preoccupante. In questo momento Salvini è percepito, che piaccia o meno, come il demiurgo in grado di dissolvere paure e smarrimenti indotti da un mondo in continuo cambiamento. Governare la complessità del momento presente richiede grandi capacità di interpretazione della realtà e un approccio alla stessa che sappia contemperare capacità di visione unitamente a un sano pragmatismo in grado di affrontare e rispondere in maniera adeguata ai bisogno emergenti. Tutto ciò richiede pazienza, tempo e pure sperimentazione. Tutto il contrario delle facili soluzioni veicolate dalla parole d’ordine in voga al momento che hanno, quale unico pregio, di far apparire semplice ciò che invece è difficile e lineare ciò che al contrario è complesso. Ma nei momenti di crisi, nei momenti difficili la gente ha sempre preferito le risposte semplici, perfino banali, delegando a leader arruffapopoli la soluzione magica di ogni questione, piuttosto che seguire ragionamenti responsabili e proposte più impegnative. Ecco perché sono dell’avviso che in queste elezioni provinciali il vero vincitore sia Salvini e non la classe locale della Lega che certo non brilla, mi pare, di luce propria e nemmeno di particolari e spendibili esperienze amministrative sul territorio. Insomma presidente della Giunta provinciale sarà l’incolore Fugatti, ma a tirare le fila sarà il Matteo nazionale, quello che fino ad ora si è connotato soprattutto per tweed, post e sparate spesso vergognose su tutto e di più, anziché per azioni di governo, proposte, idee in grado di sospingere il nostro Paese verso traguardi di civiltà e benessere a partire da quanti sono in fondo alla scala sociale. Tutti dovrebbero ricordare l’ubriacatura nazionale ai tempi migliori di Berlusconi. Forse sono meno quelli che ricordano i danni inferti al nostro Paese da quella esperienza di governo di cui la Lega ha sempre fatto parte. Passerà anche questa ubriacatura leghista e dovremo raccogliere molti cocci in futuro. Con tutta probabilità anche a livello locale. Ma è la democrazia, bellezza. Non ci rimane che rimanere sul pezzo, senza cedere allo sconforto e ancor meno alla tentazione di tirare i remi in barca. Anche se sapessi che domani il mondo andrà in pezzi, - scriveva Lutero – vorrei comunque piantare il mio albero di mele. È quello che ci rimane da fare.