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27 gen 2012
BENESSERE FA RIMA CON SOLIDARIETÀ
Scritto da Piergiorgio |
Letto 11408 volte | Pubblicato in Il mio blog
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La crisi in atto, i provvedimenti adottati dal Governo per contrastarla e le reazioni spesso rabbiose di settori diversi che si ritengono particolarmente colpiti dagli stessi, fotografano un’Italia improvvisamente fattasi meno ridanciana di un tempo (mica tanto tempo addietro!), quando sembrava che tutto filasse liscio e fossimo il paese di Bengodi, nel quale tutti potevano arricchirsi senza limite alcuno e nel quale le regole, se c’erano, erano fatte per non essere osservate (a pro dei fessi). Improvvisamente pare tutto precipitato e ciò che prima non si voleva vedere, adesso è sotto gli occhi di tutti.
Un po’ come quando in taluni paesi si erigevano muri di carta pesta per nascondere alla vista di qualche Capo di stato, magari il Papa, in visita, la miseria che si annidava nei quartieri attraversati. Che la forbice tra ricchi e poveri si fosse di molto allargata nel nostro Paese, che la disoccupazione fosse in costante crescita, che il potere d’acquisto di salari e pensioni andasse decrescendo, non era certo un mistero, se non per orbi e sordi di professione. Se siamo messi male, non è dovuto al caso o alla mala sorte. “La crisi mondiale ha avuto origine da un formidabile spostamento di ricchezza dalle classi medio-basse verso l'alto, frutto avvelenato del darwinismo economico. Le potenziali reazioni politico-sociali sono state tamponate dal credito al consumo spinto oltre i limiti di sicurezza e dall'uso spregiudicato delle menzogne massmediatiche”, osserva acutamente Valerio Selan (www.eguaglianzaeliberta.it). È mancata la buona politica; il buon governo. Si è edificato sull’interesse di parte, sulla demagogia e il malaffare. Le responsabilità sono diffuse. Anche tra chi oggi protesta, ci sono persone e gruppi che hanno prosperato all’ombra di quanti portano non poche responsabilità della crisi in corso. “Le destre al governo in Europa – scrive ancora Selan - sanno benissimo che la soluzione radicale consisterebbe in una massiccia redistribuzione del reddito dall'alto verso il basso. Pretendere però che un tacchino si riempia di castagne e si cucini da solo è chiedere troppo”. Diciamocelo apertamente: siamo un Paese alquanto strano, nel quale, quando crediamo (illudendoci) che tutto va bene, chiediamo sostanzialmente di essere lasciati in pace a curare ciascuno il proprio orto. Quando si mette male, vorremmo che a pagare fosse chiamato qualcun altro, purché non tocchi a noi. Siamo vissuti nell’illusione che fosse possibile vivere ciascuno per proprio conto, nutriti da messaggi subliminali, volti a far credere che fosse possibile arricchirsi senza badare a spese. La crisi ci sta mettendo con le spalle al muro. E allora ecco che capita come davanti a un naufragio o un cataclisma. Salvo rare eccezioni, ciascuno pensa prima di tutto a salvare se stesso. Ma è proprio questo l’errore di fondo, quello che può portare davvero alla rovina. Se c’è un momento nel quale urge riscoprire valori dati per morti, è l’attuale. O se ne esce assieme; o assieme periremo. E per farlo è necessario innanzitutto un sano realismo e dirci la verità anche se può far male. Non è possibile, per cominciare, fingere che siamo tutti uguali e ugualmente responsabili di quanto sta accadendo. Né far pagare in parti uguali fra diseguali; sarebbe perpetrare un’ingiustizia. Non può essere soltanto il criterio economico a prevalere; i conti in ordine nel bilancio dello Stato, a costo di far morire le persone. E vanno colpiti i privilegi quelli veri, prima di ogni altro, sapendo contrastare con decisione, gli immancabili sobillatori di professione; i capi popolo che ad ogni svolta della storia, sanno infilarsi ovunque, in cerca del proprio momento di gloria. Le rivolte in atto fotografano un’Italia drammaticamente divisa tra nord e sud. Un’Italia di egoismi diffusi, di chiusure corporative, di contrapposizioni che non giovano a nessuno. La situazione attuale evidenzia la mancanza di leadership politica capace di aggregare attorno ad un’idea condivisa di bene comune, all’insegna della solidarietà tra generazioni, territori e interessi diversi. Non è certo un caso che tra l’elettorato di centro sinistra prevalga, tra i valori di riferimento proclamati, quello della solidarietà, e tra l’elettorato di centro destra, quello del benessere, percepiti come contrapposti. Se non riusciremo a colmare questo iato, operando un cambiamento di mentalità profondo, non ne usciremo. Il cambiamento può venire dando attuazione all’articolo 4 della nostra Costituzione, che riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro, promuovendone le condizioni perché sia reso effettivo, perché ciascuno possa concorrere al progresso materiale o spirituale della società. Appunto il benessere attraverso la solidarietà che si sostanzia nell’esigibilità dei diritti.

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