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09 giu 2010

PADRONI D'ITALIA

Potrebbe essere un suggerimento; una proposta, di questi tempi nei quali tutti ne avanzano qualcuna. Perché non cambiare le parole dell’inno nazionale? Non più, fratelli d’Italia, ma padroni d’Italia. Non pare anche a voi che quelle parole- fratelli d’Italia, appunto - siano ormai datate, come lo è la nostra Costituzione, a giudizio di Berlusconi? La fratellanza, la sonorità, infatti, presuppongono un’uguaglianza: di diritti, di doveri, di regole condivise, di valori fondanti.
Dieci o diciannove che siano i morti, sono sempre tanti; troppi. Anche se ci fosse stato un solo morto, sarebbe di troppo. Troveranno certamente anche della giustificazioni a quanto avvenuto, e questa sarà l’ennesima dimostrazione che il potere, qualunque esso sia, non accetta mai di mettersi in discussione. I pacifisti, o meglio, quanti lottano attivamente per cercare di lacerare il velo dell’ipocrisia che tante volte e in tante parti del globo terrestre cerca di nascondere le innumerevoli ingiustizie che si consumano quotidianamente, sono tutt’al più tollerati, se e in quanto se ne stanno buoni, buoni e si limitano a qualche manifestazione di circostanza.
Dove stiamo andando? Chissà quanti italiani se lo stanno domandando, e quanti, al contrario, nemmeno si pongono il problema. A me pare che stiamo scivolando lentamente e inesorabilmente verso una forma di regime. Immagino che non ci sveglieremo con i carri armati per le strade; oggi non si usa più, ma certamente in un paese nel quale non essere delle persone lobotomizzate sarà sempre più un rarità.
10 mag 2010

CLANDESTINI?

.«I clandestini che non hanno un lavoro regolare, normalmente delinquono», sentenzia il sindaco di Milano, Letizia Moratti. Gli fa eco l’ineffabile ministro dell’interno Maroni, nonché Cavaliere del Sacro Ordine Piano, quale «cattolico di distintissima condizione» (Corriere della sera 14 ottobre 2008) che afferma che bisogna «potenziare il binomio sicurezza integrazione», portando come esempio riuscito, quanto fatto a Verona dal sindaco Tosi. Lor signori, però, dovrebbero avere anche la decenza di ricordare che a trasformare in reato una condizione soggettiva, che non significa affatto, ipso facto, essere dei delinquenti, sono stati proprio loro; questo governo. E forse farebbero bene, oltre a sbandierare la riuscita lotta agli sbarchi di disperati sulle nostre coste, (90% in meno secondo il Viminale) nascondendo all’opinione pubblica che cosa significa per quei poveri cristi essere rispediti in Libia senza nessuna tutela; cosa accade a tanti immigrati, per molti anni regolari, che all’improvviso perdendo il permesso di soggiorno, finiscono prima in carcere e poi nei CIE (centri d’identificazione ed espulsione).
Non sono un economista; non me ne intendo di borse, di quotazioni, di titoli, investimenti e quant’altro. Mi pare però abbastanza evidente che quello che emerge in questo momento, attorno al nodo costituito dalla crisi in cui versa la Grecia, (ora anche del Portogallo e poi chissà di chi altro), sia soprattutto la mancanza di una politica dell’Europa realmente solidale. Quelli che si manifestano, sono gli egoismi nazionali, che la moneta unica, e lo si sapeva, non può più mascherare. Ci sono analisti che si spingono a immaginare possibili scenari piuttosto cupi: quali l’istituzione di due monete diverse: una per i paesi più “virtuosi” e un’altra per quelli che portano le “pezze al culo”, fra i quali annoverano pure l’Italia.
Se già a partire dalle elementari, a storia, avessero usato come materia di studio le tante lettere scritte dai condannati a morte, durante la resistenza al nazifascismo, probabilmente oggi non staremmo qui a condannare quanto scritto dal presidente della provincia di Salerno, Edmondo Cirielli. Ma si sa, purtroppo, quanto sofferto da tanti, troppi italiani a causa della dittatura fascista prima, e della guerra poi, non è diventato patrimonio comune. Così ciascuno si sente libero di declinare i valori che hanno spinto migliaia di persone, spesso giovanissime, a fare scelte che hanno significato frequentemente la perdita della propria vita, come meglio crede.
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