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Le ragioni per cedere allo sconforto, allo scoramento, son davvero tante e interessano vari ambiti della nostra esistenza: sociali, politiche, economiche, culturali, religiose ecc. Come non farsene travolgere? Io credo serva anzitutto ridirsi le ragioni nelle quali affonda la speranza, che risiedono in ultima istanza nella convinzione che la vita, la vita vera, è più grande di tutte le storture nelle quali, noi, concretamente la ingabbiamo, attraverso il nostro agire tante volte distorto. È una consapevolezza che avvertiamo dentro di noi, a prescindere dal fatto di essere o no credenti.
26 mag 2012

SACRI PALAZZI?

Quanto sta emergendo in questi giorni e che fa seguito al clamore suscitato dall’uscita del libro Sua Santità, del giornalista Gianluigi Nuzzi, non fa certo onore ai vertici ecclesiastici e interroga profondamente ogni credente. Lasciamo da parte per un momento le esternazioni di dolore del Papa e del suo entourage e chiediamoci piuttosto quale immagine di chiesa si rivela da tutta la faccenda.
“Non si può spegnere il fuoco col fuoco, asciugare l’acqua coll’acqua, combattere il male col male”, scriveva Tolstoj in una lettera all’amico Engelgardt. Ci sono sempre stati e ci sono ancora al presente, coloro che ritengono possibile il contrario. Tra questi anche coloro che hanno sparato, ferendolo alle gambe, nei giorni scorsi, Roberto Adinolfi. Siamo di fronte a una nuova insorgenza del fenomeno, purtroppo già conosciuto in passato nel nostro Paese, del terrorismo? Difficile dirsi. Certamente la disgregazione sociale del momento presente rappresenta un terreno fertile per una sua possibile rinascita.
Le ultime parole pronunciate da Spies, uno degli impiccati l'11 novembre del 1887 a Chicago (USA), tra operai, organizzatori sindacali e anarchici condannati per aver organizzato il 1º maggio dell'anno precedente lo sciopero e una manifestazione per le otto ore di lavoro, furono: “Salute, verrà il giorno in cui il nostro silenzio sarà più forte delle voci che oggi soffocate con la morte!” La festa del primo maggio (chissà quanti lo sanno!) è nata nel sangue; frutto di rivendicazioni di operai che lottarono per migliorare le proprie condizioni lavorative. Anche oggi, si tenta di soffocare la voce di quanti chiedono dignità e lavoro, non più attraverso la corda e l’impiccagione, ma attraverso strumenti più subdoli e forse più efficaci: l’indifferenza, la legge del profitto ad ogni costo, lo smantellamento dei diritti acquisiti, l’impero del denaro e della finanza al quale è richiesto l’omaggio da parte di ogni coscienza.
Uno spettro si aggira per l’Europa, che cavalca il malcontento dilagante, mietendo consensi tra i settori più colpiti dalla crisi economica, tra le fasce di popolazione più disperate che non riescono a vedere prospettive di futuro. Tra tanto disagio reale le destre più reazionarie hanno facile gioco. Nessun paese pare immune. Francia, Olanda, Ungheria suonano come campanelli d’allarme. La politica, quella che dovrebbe servire da antidoto contro tentazioni autoritarie, xenofobe, razziste, pare asfittica; non è in grado di scaldare più i cuori.
C’ero anch’io quel venerdì 31 maggio a Brescia per onorare le vittime della barbara strage avvenuta il martedì 28. Eravamo migliaia e migliaia a testimoniare, in un silenzio composto, carico di rabbia e di dolore, la volontà di opporci a quanti intendevano sottrarci il diritto di partecipare alla vita democratica e sociale del nostro Paese. Ed eravamo animati da un grande desiderio di verità e di giustizia, pur avendo ben chiaro in mente chi fossero i responsabili ultimi della strategia stragista, al di là delle responsabilità individuali ancora da accertare in quel preciso istante.
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