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Ultima modifica Giovedì 11 Ottobre 2012 14:50
06 ott 2012
NEL NOME DI SUA SANTITÀ
Scritto da Piergiorgio |
Letto 12045 volte | Pubblicato in Il mio blog
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«Nel nome di Sua Santità Benedetto XVI, gloriosamente regnante, invocata la Santissima Trinità…» Mentre il servizio televisivo racconta la sentenza comminata dal tribunale ecclesiastico al maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, non posso fare a meno di correre con la mente a quel brano del vangelo (Gv 8, 1-11) nel quale si parla della donna sorpresa in adulterio e portata davanti a Gesù con la richiesta che si pronunci a suo riguardo.

Quale drammatica scissione si è operata dentro la Chiesa tra il messaggio e il comportamento del Nazareno e quello che c’è dato di osservare da parte di quanti si ritengono suoi diretti rappresentanti! Poco importa che la condanna sia tutto sommato lieve e che segua a breve la grazia da parte del Papa. È proprio tutto l’impianto che stride e che, ritengo, a qualsiasi persona di semplice buon senso, fa torcere il naso. Com’è possibile tanta incongruenza? È evidente che se la Chiesa, com’è nei fatti, è strutturata secondo i criteri di qualsiasi altra realtà umana (anzi, per certi aspetti peggiore, visto che vige l’assolutismo come in passati regimi) il modo di agire sarà simile né più, né meno a quelli ai quali assomiglia, a scapito della prassi e del messaggio del suo fondatore. Che ne è del “sogno” di Gesù di Nazareth, che voleva una comunità di fratelli nella quale i rapporti fossero basati sull’uguaglianza, la fraternità e il servizio reciproco? Com’è possibile che non si veda e non si viva come una ferita questi comportamenti così dissonanti? Nessuno, credo, neanche tra coloro che pure sapranno trovare mille e una giustificazione per sostenere l’attuale modello organizzativo della Chiesa riuscirebbe, senza sentirsi ridicolo, immaginare un “delegato” di Pietro che sentenziasse: nel nome di sua Santità Pietro, gloriosamente regnante… E certo non si permetterebbe di immaginare (magari lo desidererebbe, chissà) un Gesù che anziché alzarsi e chiedere alla donna: «Dove sona andati? Nessuno ti ha condannata?... Neppure io ti condanno. Va’ ma d’ora in poi non peccare più!», si alzasse ed esprimesse una condanna, magari mite, per poi, dopo un po’ offrirgli (bontà sua!) la grazia. I sostenitori della necessità/opportunità/inevitabilità dell’attuale modello organizzativo della Chiesa potranno portarmi a sostegno tutti gli argomenti che vogliono, e magari da un punto di vista umano e realistico potranno avere anche delle ragioni, ma non mi convinceranno mai che, per come funziona, tante volte, con il vangelo e con Gesù Cristo non ha niente da spartire.

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