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Sono forse io il custode di mio fratello?
Sono forse io il custode di mio fratello?

La risposta di Caino a Dio, che in Genesi risuona come rifiuto all’impegno di responsabilità che l’essere parte della stessa umanità, comporta, è la medesima che è risuonata ininterrottamente nel corso della storia e che tutt’ora risuona, talvolta sinistramente, magari ammantata persino da giustificazioni di carattere religioso. Eppure, a ben guardare, siamo geneticamente fatti per l’empatia: quindi costituiti, predisposti per la compassione; per la comprensione e la solidarietà verso i nostri simili. Segno che l’occuparsi della felicità degli altri, è parte integrante del nostro essere uomini e viene prima ancora di ogni teorizzazione etica o morale.

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Mi sono alzata nel cuore

della notte

in preda all’ansia e all’ispirazione.

E ho dipinto,

fasciata dal silenzio,

sulla parete che mi sta di fronte,

il mondo mio; lo stesso che ho lasciato

fuori.

È un prato verde baciato dall’orizzonte:

infinito; senza nessuna sponda…

… Senza nessun rimando.

Poi, sdraiata sulla mia branda,

ho atteso nuovamente l’alba:

sferragliar di chiavi,

imprecazioni,

brusii,

maledizioni.

Erano tutti suoni attesi,

per completare la mia composizione

Altro da te e altro per te,

come lo sei anche tu per me;

solo che non ci pensi.

E sono quello che definisci senza:

senza dimora

senza domicilio

senza relazioni

senza legami.

Io sono stato sbattuto

dentro questa vita;

e mai ricevuto, accolto, accompagnato.

Il male oscuro, quello che mi

attanaglia,

si chiama mancanza di legami.

Sono quei nessi, quei nodi,

quei collegamenti,

che a te permettono

di diventare umano:

sono attenzioni,

premura, fiducia,

riconoscimento, stima, affetto:

… sono carezze; sono… sorrisi.

 

Sono ricordi, qualche volta;

e qualche altra, lacrime e lamenti.

O anche imprecazioni,

mentre, avvolto dentro il mio cartone,

guardo su in cielo,

le stelle che mi fan soffitto…

Viste da quassù,

la casa dei casini, al lume di candela,

in questa notte oscura, con poche stelle

in cielo,

sembrano parlarmi …

Narrano di casa mia; quasi una ninna nanna,

che non addormenta il cuore.

Scorgo, attraverso il velo,

di lacrime silenti,

i visi dei mie cari, quello del mio bambino.

La strada che ho percorso,

è stata fin qui in salita …

… Forse sarà domani, o dopo domani ancora,

ma il giorno del mio riscatto,

mi attende laggiù è certo;

è mio convincimento.

Gioverebbe, ora, un the caldo;

un abbraccio consolatore … o anche …

una carezza.

Mi basta questa coperta; ruvida e opprimente.

Grigi e indigeribili, sono anche

i coinquilini.

Bestemmiano per il freddo;

bevono per riscaldarsi.

Siamo un’umanità dolente,

intenti a rosicchiar la vita.

La fiamma della speranza,

piccola lingua di fuoco,

qualcuno ce l’ha nel cuore,

qualche altro, … l’ha ormai smarrita.

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