Non può che fare piacere sentire nominare don Lorenzo Milani da parte della presidente della Commissione europea, von der Leyen, con il richiamo al famoso suo motto, I care, auspicando che diventi il motto della stessa Unione europea.
Ma bisognerà che dalle parole si passi ai fatti, diversamente si tratterebbe di un omaggio di cui il priore di Barbiana farebbe volentieri a meno. Lui infatti non si è certo limitato a scriverle sul muro della scuola quelle impegnative parole: le ha vissute ogni santo giorno facendosi povero tra i poveri perché costoro potessero uscire dalla loro condizione di marginalità e di arretratezza e, attrezzati di sapere e di parola, potessero vivere una vita dignitosa, degna di questo nome. Sono tanti i “barbianesi” anche ai nostri giorni, che non contano nulla agli occhi di quanti detengono soldi e potere: dai migranti ai richiedenti asilo, da quanti non hanno un lavoro o lo hanno perduto, dai rom agli emarginati, dai giovani senza prospettive per il loro futuro a quanti sono costretti loro malgrado ad evadere l’obbligo scolastico; dalle persone sfruttate sessualmente, mercificate, prostituite agli anziani abbandonati a se stessi; dai carcerati alle vittime di mafie e criminalità organizzata. Non c’è ambito nel quale non si possa e si debba intervenire a creare i presupposti normativi, legislativi e impiego di risorse che consentano ad una platea di persone assai vasta di poter sperare di uscire da una condizione di vita inumana. Anche per quanto riguarda il piano vaccinale di dovrà passare dalle parole ai fatti. Non basta affermare la disponibilità a discutere “come la proposta degli Stati Uniti per una rinuncia alla protezione dei diritti intellettuali per i vaccini anti-Covid possa aiutare”, ma attivarsi realmente perché sia posto termine allo scandalo di chi lucra perfino sulla produzione e la distribuzione dei vaccini nella consapevolezza che solo un piano anti pandemico di respiro mondiale sarà in grado di metterci tutti davvero al sicuro. E questo vale per l’oggi ma anche per il domani. Se c’è una cosa che l’attuale pandemia ha messo drammaticamente in luce è proprio il fatto che viviamo in un mondo interconnesso e che la salute e il benessere della tribù più remota e isolata del mondo non è indifferente per la nostra stessa salute e il nostro stesso benessere. Se c’è una cosa che ha insegnato don Lorenzo Milani, con la parola e con l’esempio, è che “il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia” Se l’Unione europea, attraverso i suoi organi istituzionali, e se noi tutti, cittadini e cittadine di questa realtà ancora in gran parte da costruire, sapremo davvero fare nostro questa convinzione e operare di conseguenza, allora e solo allora potremo dire di non aver nominato invano quel profeta tenero e duro allo stesso tempo che è stato don Lorenzo Milani.