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25 set 2018
CAVADÈNTI
Scritto da Piergiorgio |
Letto 7022 volte | Pubblicato in Il mio blog
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Un tempo non c’era altro rimedio e quando un dente doleva ci si doveva sottoporre alla sua dolorosa estrazione per mano di cavadenti improvvisati – il mestiere era libero a tutti – quindi c’era solo da sperare che l’operazione fosse rapida e non troppo invasiva.

Soltanto una persona masochista al giorno d’oggi ricorrerebbe a un cavadenti come quelli di un tempo per curare un dente malato. Eppure per tante altre cose ci si affida tutt’ora a dei cavadenti nell’illusoria convinzione che il male si possa curare con il male; anzi che sia necessario far del male per curare. È quanto succede in tema di sicurezza o di gestione dei flussi migratori. Nel primo caso si parte dalla convinzione che chi sbaglia, chi infrange la legge sia irrimediabilmente un delinquente da trattare con la massima severità nella logica dell’occhio per occhio, dente per dente, specialmente se il reprobo appartiene alle categorie sociali più svantaggiate. Eh, sì, perché se a commettere illeciti, a infrangere la legge è chi sta in alto, allora la musica cambia. Per quelli ci sono sempre le attenuanti del caso; tutti i gradi di giudizio possibili e immaginabili e magari, dulcis in fundo, una bela amnistia o condono. Anche la gestione del fenomeno dell’immigrazione è sempre affrontato come problema di ordine pubblico. Questo modo di agire presuppone che l’immigrato, a prescindere, sia per ciò stesso un delinquente e quindi, riempendosi la bocca di tante belle parole, di principi altisonanti, si legifera perché il percorso di integrazione sia il più possibile ad ostacoli, così che molti cadano lungo via per poi poter giustificare politiche repressive. Si direbbe, ed è più di un dubbio a ben osservare, che quanti della questione emigrazione hanno fatto la propria battaglia politica del momento, speculando su questo fenomeno, sulla paura che sempre l’arrivo del diverso suscita inevitabilmente, siano anche gli stessi che hanno maggiore interesse a creare irregolari e clandestini. Se infatti le politiche sull’immigrazione fossero politiche mosse davvero da spirito di accoglienza e integrazione, se i modelli virtuosi in tal senso, che pure ci sono anche nel nostro Paese (vedi per tutti il caso Riace, ma non solo) fossero presi ad esempio e implementati, verrebbero fortemente limitate le situazioni di disagio. Ma non sono convenienti. Non lo sono per coloro che hanno tutto l’interesse a che non funzionino le cose, così da poter contare sempre su un nemico da additatore e sul quale scaricare la rabbia di chi avrebbe ragioni da vendere per indirizzarla invece verso coloro che stanno sul ponte di comando. Un piccolo esempio per aiutare a capire. Anche gli esponenti della Lega oggigiorno, mostrando il volto buono dei due che detengono, affermano che non hanno nulla contro gli stranieri che sono presenti in Italia da regolari, che lavorano, pagano le tasse ecc. Dimenticano di aggiungere che questi sono gli stessi verso i quali si scagliavano soltanto ieri, con le stesse parole di odio e disprezzo di oggi. Già perché molti, per non dire la maggior parte, si sono regolarizzati attraverso le sanatorie fatte magari perché conveniva anche a chi sparava loro contro, avendo una badante in casa, o un operaio nella ditta. La logica, il buon senso, le buone prassi, le esperienze maturate sul campo sono concordi nell’affermare che il riconoscimento dei diritti, la tutela delle persone, l’inclusione, i percorsi di accoglienza responsabilizzanti producono frutti abbondanti di benessere per tutti, così come, per chi ha sbagliato nella vita, le misure alternative al carcere e pene che non siano all’insegna della vendetta, sia pure delegata alle istituzioni. Ma troppe persone pare preferiscano i cavadenti

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